La concorrenza sleale parassitaria – La concorrenza parassitaria: definizione – Come difendersi dal concorrente che copia – Pubblicità copiata

Giovanni Adamo

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Cos’è la concorrenza parassitaria: definizione

Quando i concorrenti copiano prodotti, o un singolo servizio, o usano un marchio simile o comunque tale da creare confusione, o siamo di fronte anche ad una singola pubblicità copiata, per l’impresa è già un problema di per sè. Il problema cresce enormemente quando un concorrente copia intere linee di produzione di beni o intere tipologie di servizi. Si tratta di una problematica potenzialmente letale per l’impresa, che rischia di vedere vanificati tutti i propri sforzi, anche finanziari, posto che vi è un concorrente che si presenta sul mercato come un vero e proprio “clone” di essa.

Ecco allora cos’è la concorrenza sleale parassitaria: definizione:

avere un concorrente che non si limita a copiare un prodotto o un servizio, ma che imita ripetutamente nel tempo le nostre iniziative, e quindi sfrutta sistematicamente il lavoro e la creatività altrui.

La Corte di Cassazione si è occupata della questione con un’importante pronuncia del 2020. In quella sede la Corte ha statuito che “La concorrenza sleale parassitaria, ricompresa fra le ipotesi previste dall’art. 2598, n. 3, c.c., consiste in un continuo e sistematico operare sulle orme dell’imprenditore concorrente, mediante l’imitazione non tanto dei prodotti, quanto piuttosto di rilevanti iniziative imprenditoriali di quest’ultimo, in un contesto temporale prossimo alla ideazione dell’opera, in quanto effettuata a breve distanza di tempo da ogni singola iniziativa del concorrente (nella concorrenza parassitaria diacronica) o dall’ultima e più significativa di esse (in quella sincronica), vale a dire prima che questa diventi patrimonio comune di tutti gli operatori del settore“.

la concorrenza parassitaria può essere “diacronica” o “sincronica”

Sempre la Corte di Cassazione ha poi approfondito il tema, rilevando come “Nella cosiddetta concorrenza parassitaria, l’imitazione può considerarsi illecita soltanto se effettuata a breve distanza di tempo da ogni singola iniziativa del concorrente (nella concorrenza parassitaria diacronica) o dall’ultima e più significativa di esse (in quella sincronica), là dove per “breve” deve intendersi quell’arco di tempo per tutta la durata del quale l’ideatore della nuova iniziativa ha ragione di attendersi utilità particolari (di incassi, di pubblicità, di avviamento) dal lancio della novità, ovvero fino a quando essa è considerata tale dai clienti e si impone, quindi, alla loro attenzione nella scelta del prodotto. Ciò in quanto la creatività è tutelata nel nostro ordinamento solo per un tempo determinato, fino a quando l’iniziativa può considerarsi originale, sicchè quando l’originalità si sia esaurita, ovvero quando quel determinato modo di produrre e/o di commerciare sia divenuto patrimonio ormai comune di conoscenze e di esperienze di quanti operano nel settore, l’imitazione non costituisce più un atto contrario alla correttezza professionale ed idoneo a danneggiare l’altrui azienda“.

Come definire la concorrenza parassitaria

Il Tribunale di Milano, nella pronuncia in commento, si è ampiamente dilungato sul tema della concorrenza parassitaria (la fattispecie), specificando che:

Concorrenza parassitaria: la fattispecie, e come si caratterizza

  1. la concorrenza parassitaria postula il carattere sistematico e continuativo della ripresa del complesso dell’attività altrui;
  2. le condotte parassitarie non sono integrate di per sé da episodici atti imitativi, giacché, come si è visto, in mancanza di privative, i beni del concorrente sono riproducibili, ma da una pluralità di atti che, valutati congiuntamente, denotino, per la loro non conformità ai principii di correttezza professionale, il carattere sistematico e continuativo della ripresa dell’insieme delle attività altrui, onde sfruttarne parassitariamente il lavoro e gli investimenti;
  3. l’identità delle modalità promozionali per pubblicizzare le prestazioni dei prodotti con quelle adottate dal ricorrente – considerato che dal raffronto delle tabelle entrambi i concorrenti sono ricorsi alle medesime unità di misura (sia in grammi che in centimetri) – prova la ripresa pedissequa, da parte della resistente, di tali dati, e comunque delle modalità espressive di comunicazione, senza alcuna differenziazione, pur possibile, e, in quanto tale, necessaria. Poiché tale condotta imitativa è senz’altro contraria alle regole di correttezza concorrenziale, la resistente è inibita dalla promozione dei propri prodotti adottando le medesime modalità di presentazione del concorrente, e, in particolare, diffondendo i depliant di cui al doc. 6 ric. con tabelle identiche a quelle del ricorrente; 
  4. l’adozione di tali attività promozionali è idonea ad arrecare un pregiudizio irreversibile e non risarcibile per equivalente pecuniario. La dichiarazione del resistente di non usare più tale iniziativa  promozionale non esclude che l’iniziativa possa essere ripresa, eventualmente anche con modalità di diffusione diverse.

Quando un concorrente copia: quali sono le casistiche più diffuse

Quando un concorrente copia? Il panorama giurisprudenziale offre numerosi esempi di concorrenza parassitaria:

  • il concorrente sleale imita nel tempo, in modo sistematico, diverse iniziative imprenditoriali (al “lancio” di un prodotto segue il “lancio” di un prodotto simile da parte del concorrente – parassita, e così via, ripetutamente e sistematicamente);
  • il concorrente sleale imita “in blocco” l’intera attività del proprio competitor, o parte di essa (ad esempio, lancia sul mercato più “linee” di prodotti o servizi che corrispondono esattamente o quasi a quelle del competitor);
  • il concorrente sleale sottrae all’impresa lista clienti, informazioni commerciali, dipendenti e collaboratori, e si pone sul mercato come una specie di “clone” del proprio competitor

Chi è il concorrente parassita?

In particolare, la Corte afferma che “la concorrenza sleale parassitaria, ricompresa fra le ipotesi previste dall’art. 2598 cod. civ., n. 3, consiste in un continuo e sistematico operare – in un contesto temporale prossimo alla ideazione dell’opera, e prima che questa diventi patrimonio comune di tutti gli operatori del settore – sulle orme dell’imprenditore concorrente attraverso l’imitazione non tanto dei prodotti, ma piuttosto di rilevanti iniziative imprenditoriali di quest’ultimo e riguardante comportamenti idonei a danneggiare l’altrui azienda con ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale. Tale forma di concorrenza si riferisce, pertanto, a mezzi diversi e distinti da quelli relativi ai casi tipici di cui ai precedenti nn. 1 e 2 delle medesima disposizione, sicchè, ove si sia correttamente escluso nell’elemento dell’imitazione servile dei prodotti altrui il centro dell’attività imitativa (requisito pertinente alla sola fattispecie di concorrenza sleale prevista dall’art. 2598 cod. civ., n. 1), debbono essere indicate le attività del concorrente “sistematicamente e durevolmente plagiate”, con l’adozione e lo sfruttamento, più o meno integrale ed immediato, di ogni sua iniziativa, studio o ricerca, contrari alle regole della correttezza professionale” (Cass., 29/10/2015, n. 22118).

Non basta la prova della semplice imitazione, ma perché vi sia la concorrenza sleale per la Cassazione serve un’imitazione sistematica

Risulta pertanto ulteriormente confermato l’orientamento giurisprudenziale che richiede, in relazione alla concorrenza sleale parassitaria, una prova “diversa” rispetto a quella della “imitazione servile”, intendendosi quest’ultima come la “mera” imitazione dei prodotti. La prima (la concorrenza sleale parassitaria), invece, come un’attività complessa e posta in essere nel corso del tempo o in relazione a tutta una serie di idee ed iniziative del concorrente.

Da ciò consegue anche, come ritenuto anche da giurisprudenza autorevole (cfr. Trib. Bologna, Sentenza del 18 maggio 2018), che “Ai fini probatori debbono essere indicate le attività del concorrente sistematicamente e durevolmente plagiate, con l’adozione e lo sfruttamento, più o meno integrale ed immediato, di ogni sua iniziativa, studio o ricerca, contrari alle regole della correttezza professionale“.

Come difendersi dalla concorrenza sleale parassitaria

Quali azioni intraprendere, allora, nei confronti di tale particolarmente pericolosa ipotesi di concorrenza sleale?

Le azioni esperibili sono diverse, ma per semplificare il quadro, già così complicato, possiamo dire che l’impresa può difendersi in due modi diversi, e a volte complementari:

  • se il comportamento del concorrente sleale è ancora in atto, con un ricorso d’urgenza finalizzato ad ottenere la cessazione immediata, in via cautelare, del comportamento sleale;
  • se la concorrenza sleale parassitaria è cessata, ma ha comunque creato dei danni, con una causa di merito finalizzata all’ottenimento del risarcimento del danno.

Il primo dei due rimedi, se, certamente, presenta il vantaggio dell’immediatezza, non è strutturalmente funzionale al risarcimento del danno, ma “solo” all’ottenimento di un’inibitoria urgente del comportamento denunciato.

Il secondo (che ovviamente non ha carattere di misura urgente) ha però il vantaggio di consentire il ristoro del danno ingiusto subito dall’impresa a causa dell’attività slealmente concorrenziale.

Le sentenze ed i provvedimenti di Studio Legale Adamo

Abbiamo ottenuto diversi provvedimenti finalizzati a fermare la concorrenza sleale parassitaria, ed in particolare, e fra l’altro:

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