Concorrenza sleale e pubblicità comparativa

Concorrenza sleale e pubblicità comparativa lecita – Pubblicità comparativa illecita – La pubblicità comparativa su internet – Pubblicità comparativa e marchio – Trib. Genova, 22 dicembre 2022

Un team dello Studio composto da Giovanni Adamo e Silvia Squilloni ha ottenuto un importante provvedimento avanti il Tribunale di Genova in materia di concorrenza sleale e pubblicità comparativa. Si tratta, in particolare, di un provvedimento di rigetto di una richiesta di inibitoria proposta in via cautelare ed urgente in un caso di pubblicità comparativa.

LEGGI IL PROVVEDIMENTO

L’Ordinanza in commento si è occupata di distinguere la pubblicità comparativa lecita dalla pubblicità comparativa illecita, per determinare i criteri sulla base dei quali giudicare, appunto, se e quando la pubblicità comparativa su internet possa integrare gli estremi della concorrenza sleale.

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Concorrenza sleale e pubblicità comparativa – la vicenda

L’impresa XXXX, produttrice di beni per la casa (nella specie: sistemi di riposo), agiva avanti il Tribunale di Genova rilevando che l’impresa YYYY, assistita dallo Studio, aveva iniziato una campagna pubblicitaria incentrata sul confronto comparativo diretto tra i sistemi di riposo contraddistinti dal marchio YYYY ed i sistemi di riposo a marchio XXXX, asseritamente caratterizzato da rilievi non veritieri e denigratori dei prodotti ivi confrontati.

Inoltre, dalla digitazione nella stringa di ricerca Google dei marchi della ricorrente XXXX, il motore di ricerca riportava, quale primo risultato, il sito di pubblicità comparativa diretta della resistente YYYY.

Secondo la ricorrente non si sarebbe trattato di pubblicità comparativa lecita. Al contrario, tale condotta avrebbe costituito pubblicità comparativa illecita in quanto vi sarebbe stata una comparazione diretta inveritiera e denigratoria nei confronti del concorrente.

Sarebbe inoltre stato leso il marchio notorio di XXXX, che sarebbe stato indebitamente sfruttato per giovare alla rinomanza del marchio di YYYY.

Le richieste: inibitoria e penalità monetaria per ogni giorno di ritardo o inosservanza, pubblicazione del provvedimento e sanzione di Euro 1.000.000,00

Sulla scorta di tali deduzioni XXXX invocava l’inibitoria chiedendo la fissazione, a carico di YYYY, di una penalità monetaria per ogni giorno di ritardo o inosservanza successivamente contestata, e domandando anche la pubblicazione del provvedimento e l’applicazione di una sanzione di Euro 1.000.000,00.

La pubblicità comparativa su internet – Pubblicità comparativa lecita e pubblicità comparativa illecita

Pubblicità comparativa lecita se, oltre a non essere ingannevole, confronta beni e servizi secondo criteri obiettivi

Secondo il Tribunale di Genova “La pubblicità comparativa non è di per sè illecita, anzi può essere uno strumento d’informazione che consente al consumatore una migliore valutazione dei meriti di ciascun operatore, della qualità delle loro prestazioni e del loro costo, e, quindi, una scelta più consapevole. In quest’ottica può, quindi, costituire uno stimolo della concorrenza nell’interesse dei consumatori. Tuttavia, la pubblicità comparativa, se ingannevole e illegittimamente comparativa, può causare effetti distorsivi per la concorrenza e incidere negativamente sulle scelte dei consumatori. Essa, pertanto, per costituire un mezzo legittimo d’informazione dei consumatori ed essere lecita, oltre a non essere ingannevole, deve confrontare beni o servizi secondo criteri obiettivi“.

Pubblicità comparativa e marchio: “Nel caso di specie non vi è nessuna condotta di parassitismo del marchio, nè ingannevolezza del messaggio

Il Tribunale, esaminati analiticamente i messaggi pubblicitari, rileva che “contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, nel caso di specie non è dato riscontrare alcuna condotta di parassitismo del marchio, poiché il consumatore medio è messo in grado di comprendere la provenienza dei prodotti. Nel sito sono confrontati prodotti che, pur aventi caratteristiche differenti, devono qualificarsi come omogenei e comparabili, come da prassi diffusa nel mercato di riferimento“.

Pubblicità comparativa e marchio: “Non vi è violazione della privativa

Il Tribunale, poi, afferma che “Non vi sono elementi per ritenere che la condotta posta in essere da YYYY integri una violazione della privativa derivante dalla titolarità della licenza di marchio. Non si può infatti affermare che i marchi XXXX e XXXX1 siano stati indebitamente sfruttati dalla resistente, essendo pacifico che non vi sono state condotte di contraffazione volte ad appropriarsi del valore commerciale dei marchi in rilievo. Le Società resistenti non si sono, infatti, appropriate della funzione economica del marchio, in spregio dei diritti di privativa, ma hanno solo impiegato i prodotti XXXX e XXXX1 (ed altri) come termine di confronto per i beni commerciati online“.

Concorrenza sleale e pubblicità comparativa: in questo caso non è ingannevole

Il Tribunale analizza poi l’eventuale ingannevolezza della campagna pubblicitaria, per escluderla in radice: “non si può ritenere che consultando il sito YYYY il consumatore medio possa essere tratto in inganno circa la provenienza dei beni, in quanto nel sito in questione i marchi sono ben distinti e ricondotti ai prodotti rispettivi, essendo impiegati solo ai fini del confronto tra i prodotti messi in vendita online. Nella sostanza, come evidenziato dalle resistenti, il risultato dell’utilizzo della parola chiave ha avuto il solo effetto di consentire un confronto tra prodotti comparabili di fornitori diversi e con marchi diversi, senza alterare il carattere distintivo o la percezione della parola XXXX o XXXX1“.

Pubblicità comparativa lecita: le informazioni sono state prese dal sito delle ricorrenti

Il Tribunale esclude ancora la natura ingannevole delle informazioni fornite: non si tratta di pubblicità comparativa illecita, tra l’altro, poichè “le resistenti hanno fornito la dimostrazione che le informazioni riportate sono quelle ricavate dal sito ufficiale delle ricorrenti“.

Concorrenza sleale e pubblicità comparativa: il rigetto della domanda – conclusioni

Conclude, il Tribunale di Genova, affermando “la liceità dell’operato delle resistenti, in ragione del fatto che nel loro sito, raggiungibile attraverso le parole chiave che corrispondono ai marchi delle ricorrenti, sono solo offerte alternative di mercato ai prodotti di queste ultime e che i dati riportati sono verificabili sui siti delle concorrenti. Ne consegue la reiezione dei ricorso per difetto dei presupposti di legge“.

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