La concorrenza sleale parassitaria: cos’è e come difendersi dai concorrenti COPIONI
La concorrenza sleale parassitaria – La concorrenza parassitaria: definizione – Come difendersi dal concorrente che copia – Pubblicità copiata
Cos’è la concorrenza parassitaria: definizione
Quando i concorrenti copiano prodotti, o un singolo servizio, o usano un marchio simile o comunque tale da creare confusione, o siamo di fronte anche ad una singola pubblicità copiata, per l’impresa è già un problema di per sè. Il problema cresce enormemente quando un concorrente copia intere linee di produzione di beni o intere tipologie di servizi. Si tratta di una problematica potenzialmente letale per l’impresa, che rischia di vedere vanificati tutti i propri sforzi, anche finanziari, posto che vi è un concorrente che si presenta sul mercato come un vero e proprio “clone” di essa.
Ecco allora cos’è la concorrenza sleale parassitaria: definizione:
avere un concorrente che non si limita a copiare un prodotto o un servizio, ma che imita ripetutamente nel tempo le nostre iniziative, e quindi sfrutta sistematicamente il lavoro e la creatività altrui.
La Corte di Cassazione si è occupata della questione con un’importante pronuncia del 2020. In quella sede la Corte ha statuito che “La concorrenza sleale parassitaria, ricompresa fra le ipotesi previste dall’art. 2598, n. 3, c.c., consiste in un continuo e sistematico operare sulle orme dell’imprenditore concorrente, mediante l’imitazione non tanto dei prodotti, quanto piuttosto di rilevanti iniziative imprenditoriali di quest’ultimo, in un contesto temporale prossimo alla ideazione dell’opera, in quanto effettuata a breve distanza di tempo da ogni singola iniziativa del concorrente (nella concorrenza parassitaria diacronica) o dall’ultima e più significativa di esse (in quella sincronica), vale a dire prima che questa diventi patrimonio comune di tutti gli operatori del settore“.
la concorrenza parassitaria può essere “diacronica” o “sincronica”
Sempre la Corte di Cassazione ha poi approfondito il tema, rilevando come “Nella cosiddetta concorrenza parassitaria, l’imitazione può considerarsi illecita soltanto se effettuata a breve distanza di tempo da ogni singola iniziativa del concorrente (nella concorrenza parassitaria diacronica) o dall’ultima e più significativa di esse (in quella sincronica), là dove per “breve” deve intendersi quell’arco di tempo per tutta la durata del quale l’ideatore della nuova iniziativa ha ragione di attendersi utilità particolari (di incassi, di pubblicità, di avviamento) dal lancio della novità, ovvero fino a quando essa è considerata tale dai clienti e si impone, quindi, alla loro attenzione nella scelta del prodotto. Ciò in quanto la creatività è tutelata nel nostro ordinamento solo per un tempo determinato, fino a quando l’iniziativa può considerarsi originale, sicchè quando l’originalità si sia esaurita, ovvero quando quel determinato modo di produrre e/o di commerciare sia divenuto patrimonio ormai comune di conoscenze e di esperienze di quanti operano nel settore, l’imitazione non costituisce più un atto contrario alla correttezza professionale ed idoneo a danneggiare l’altrui azienda”
Quando un concorrente copia: quali sono le casistiche più diffuse
Quando un concorrente copia? Il panorama giurisprudenziale offre numerosi esempi di concorrenza parassitaria:
- il concorrente sleale imita nel tempo, in modo sistematico, diverse iniziative imprenditoriali (al “lancio” di un prodotto segue il “lancio” di un prodotto simile da parte del concorrente – parassita, e così via, ripetutamente e sistematicamente);
- il concorrente sleale imita “in blocco” l’intera attività del proprio competitor, o parte di essa (ad esempio, lancia sul mercato più “linee” di prodotti o servizi che corrispondono esattamente o quasi a quelle del competitor);
- il concorrente sleale sottrae all’impresa lista clienti, informazioni commerciali, dipendenti e collaboratori, e si pone sul mercato come una specie di “clone” del proprio competitor
Come difendersi dalla concorrenza sleale parassitaria
Quali azioni intraprendere, allora, nei confronti di tale particolarmente pericolosa ipotesi di concorrenza sleale?
Le azioni esperibili sono diverse, ma per semplificare il quadro, già così complicato, possiamo dire che l’impresa può difendersi in due modi diversi, e a volte complementari:
- se il comportamento del concorrente sleale è ancora in atto, con un ricorso d’urgenza finalizzato ad ottenere la cessazione immediata, in via cautelare, del comportamento sleale;
- se la concorrenza sleale parassitaria è cessata, ma ha comunque creato dei danni, con una causa di merito finalizzata all’ottenimento del risarcimento del danno.
Il primo dei due rimedi, se, certamente, presenta il vantaggio dell’immediatezza, non è strutturalmente funzionale al risarcimento del danno, ma “solo” all’ottenimento di un’inibitoria urgente del comportamento denunciato.
Il secondo (che ovviamente non ha carattere di misura urgente) ha però il vantaggio di consentire il ristoro del danno ingiusto subito dall’impresa a causa dell’attività slealmente concorrenziale.
Le sentenze ed i provvedimenti di Studio Legale Adamo
Abbiamo ottenuto diversi provvedimenti finalizzati a fermare la concorrenza sleale parassitaria, ed in particolare, e fra l’altro:
- Trib. Genova, 22 dicembre 2022;
- Trib. Bologna, 10 maggio 2022;
- Trib. Milano, 19 aprile 2021;
- Trib. Venezia, 28 aprile 2017, Ordinanza che blocca in via d’urgenza l’imitazione di intere linee di prodotti d’arredamento;
- Trib. Venezia, 4 luglio 2017, provvedimento d’urgenza che ferma la riproduzione “in blocco” di progetti d’arredo da parte di una società neocostituita da due ex dipendenti sleali del competitor;
- Trib. Venezia, 29 novembre 2017, che vieta la prosecuzione di attività parassitaria;
- Trib. Venezia, 4 gennaio 2018, per la quale vi è concorrenza parassitaria poichè “le somiglianze tra gli arredi realizzati dalle parti riguardano un numero molto elevato di prodotti (almeno 6) e si estendono all’atmosfera di insieme creata da Y, la quale viene ripresa in maniera pedissequa da X“;
- Trib. Bologna, 25 maggio 2022, che vieta la prosecuzione di un’attività con la stessa ragione sociale di un concorrente.
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