Immagine del franchising e affidamento del consumatore

Immagine del franchising e affidamento del consumatore: identità e responsabilità

Immagine del franchising e affidamento del consumatore – Franchisor e Franchisee “gemelli diversi” – Apparenza di identità nel franchising per la Cassazione, Sentenza 41832/2024 e per il TAR Lazio, Sentenza 3/5/2019

CONTATTACI SUBITO

Apparenza di identità nel franchising per la Cassazione: la Sentenza 41832/2024

Il presente commento prende le mosse dalla recente Sentenza della Corte di Cassazione (penale, ma i princìpi sui quali si fonda ed ai quali fa ampio riferimento sono civilistici) n. 41832 del 13 novembre 2024. Nella pronuncia in commento la Corte di Cassazione, facendo riferimento anche ad una precedente Sentenza del TAR Lazio (3 maggio 2019), dopo avere ripercorso la natura del contratto di franchising, statuisce che “il contratto di franchising e l’appartenenza del franchisee ad una catena in franchising finiscono con il creare nel cliente finale un affidamento sia sull’identità tra franchisor e franchisee, sia sull’esistenza nel franchisee dei medesimi standard qualitativi e di correttezza commerciale posseduti dal franchisor sicché è proprio dai rischi connessi a tali affidamenti che deriva un obbligo di controllo a carico del franchisor sull’operato del suo franchisee, la cui omissione colposa comporta una sua responsabilità extracontrattuale nei confronti del cliente finale della catena (cfr., TAR del Lazio, 3/5/2019)“.

Il tema dei doveri di controllo e del franchising per la Cassazione era stato già analizzato in QUESTO ARTICOLO, ragione per la quale qui ci occupiamo principalmente di immagine del franchising e affidamento del consumatore su quella immagine.

Nel contratto di franchising (affiliazione commerciale) il franchisor concede al franchisee l’uso di un marchio e di un formato di business. Spesso i punti vendita in franchising appaiono identici a quelli gestiti direttamente dal franchisor, al punto che il consumatore medio può non distinguere tra un negozio gestito dall’affiliante (franchisor) e uno gestito dall’affiliato (franchisee). Questa apparenza di identità nel franchising tra franchisor e franchisee induce il cliente a fare affidamento sulla reputazione e sugli standard qualitativi del marchio, aspettandosi lo stesso livello di servizio e tutela in ogni punto vendita. Di conseguenza, sorgono importanti questioni di tutela del consumatore: in caso di comportamenti scorretti o illeciti del franchisee, il consumatore può ritenere responsabile anche il franchisor?

Franchisor e franchisee come “gemelli diversi” – Immagine del franchising e affidamento del consumatore

Uno dei punti chiave emersi in giurisprudenza è che il contratto di franchising e l’appartenenza dell’affiliato a una rete uniforme creano nel cliente finale l’apparenza di un’identità tra franchisor e franchisee . In altre parole, dal punto di vista del consumatore, il negozio in franchising sembra parte integrante della stessa organizzazione del franchisor. Il cliente vede insegne, marchi e ambientazione comuni e presume che vi sia un unico soggetto dietro prodotti e servizi offerti. La sentenza TAR Lazio n. 5625/2019 ha infatti riconosciuto che tale situazione genera un affidamento del pubblico sia sull’unità soggettiva tra franchisor e affiliato, sia sul fatto che l’affiliato rispetti gli stessi standard di qualità e correttezza commerciale del franchisor. In pratica, il consumatore confida che ogni punto vendita del marchio – indipendentemente da chi lo gestisca – garantisca il medesimo livello di tutela e professionalità.

Questa apparenza di identità ha un effetto rilevante: influenza le scelte dei clienti e le loro aspettative. Il consumatore potrebbe rivolgersi a un franchisee proprio perché attratto dalla reputazione del franchisor e dalla familiarità del brand, ritenendo di acquistare con la stessa sicurezza che avrebbe presso la casa madre. In caso di disservizi, inadempimenti contrattuali o addirittura illeciti da parte dell’affiliato, il cliente si sente tradito nella fiducia riposta nel marchio. Si crea così una situazione di confusione in cui il consumatore potrebbe legittimamente non comprendere le distinzioni legali tra affiliante e affiliato. È in questo contesto che la legge e i giudici intervengono, attraverso il concetto di apparenza giuridica, per tutelare l’affidamento incolpevole del consumatore su tale identità apparente.

Immagine del franchising e affidamento del consumatore – Come coniugare autonomia imprenditoriale del franchisee ed uniformità della rete

Nel franchising per la Cassazione Il franchisee è visto come imprenditore autonomo ed indipendente

L’affiliato in franchising per la Cassazione non è un semplice agente del franchisor, bensì un imprenditore autonomo che investe nel business altrui assumendosene il rischio, per quanto si tratti di rischio di impresa “ridotto” anche secondo la Cassazione (sul rischio di impresa nel franchising leggi anche QUESTO ARTICOLO). Il franchisee infatti, anche per l’art. 1, Legge 129/2004, è imprenditore giuridicamente ed economicamente indipendente. Ciò significa che gode di una certa libertà decisionale nella gestione del proprio punto vendita, ad esempio nell’organizzare il personale e gestire i costi locali. Questa libertà imprenditoriale nel franchising per la Cassazione è importante perché, almeno in linea di principio, permette all’affiliato di esprimere capacità manageriali e di reagire a esigenze specifiche del proprio contesto (come iniziative promozionali locali, piccole variazioni di servizio, ecc.).

Il franchisee come imprenditore sottoposto a vincoli contrattuali che generano apparenza di identità nel franchising

D’altra parte, aderire a una rete in franchising per la Cassazione comporta l’accettazione di una serie di vincoli contrattuali indispensabili per garantire l’uniformità che il consumatore deve poter percepire in tutta la rete. Il contratto di franchising tipicamente impone all’affiliato obblighi stringenti riguardo a come condurre l’attività. Ad esempio, il franchisee si impegna spesso a:

  • Rispettare gli standard qualitativi e operativi stabiliti dal franchisor (dalle procedure di servizio alle ricette o specifiche tecniche dei prodotti)​.
  • Utilizzare esclusivamente il marchio e i segni distintivi dell’affiliante secondo le modalità concordate.​
  • Non introdurre prodotti o servizi non autorizzati dal franchisor e, in genere, vendere solo ciò che rientra nella formula commerciale concordata.
  • Seguire le politiche comuni su prezzi e promozioni, attenendosi ai listini suggeriti e partecipando alle campagne promozionali della rete (nei limiti consentiti dalla legge in materia di concorrenza).
  • Rispettare eventuali vincoli di esclusiva territoriale o di non concorrenza, e mantenere la riservatezza sul know-how ricevuto.

Tali obblighi, di solito dettagliati nel contratto e nel manuale operativo fornito dal franchisor, servono a preservare la coerenza del network e la reputazione del marchio sul mercato​.

Dal lato del franchisor, questo controllo è fondamentale: il valore di una catena in franchising risiede proprio nell’uniformità della formula commerciale e nella fiducia che il marchio ispira. Un franchisor investe molto nel costruire un’immagine riconoscibile e affidabile; per questo pretende che ogni affiliato rispetti le linee guida fornite. Strumenti come regolamenti interni, procedure operative standard e visite ispettive vengono utilizzati dall’affiliante per monitorare gli affiliati e correggere eventuali deviazioni. Più il franchisor esercita poteri di direzione e controllo sull’attività dell’affiliato, più aumenta anche il suo onere di vigilanza per evitare che si verifichino disservizi o difformità che possano ingannare i consumatori​.

Un equilibrio delicato: immagine del franchising e affidamento del consumatore sono essenziali, ma lo è anche l’autonomia economica e giuridica del franchisee

È un delicato gioco di equilibrio: l’assenza di controlli può far perdere omogeneità alla rete e danneggiare la tutela del marchio, ma un controllo attraverso clausole contrattuali pervasive e asfissianti potrebbe far perdere al franchisee il fondamentale requisito dell’autonomia, mettendo in forse anche 

Apparenza di identità nel franchising: prezzi e promozioni

Tra gli ambiti ove la frizione tra autonomia dell’affiliato e direttive del franchisor si manifesta maggiormente vi sono i prezzi di vendita al pubblico e le promozioni. Il franchisor ha interesse ad avere prezzi omogenei o comunque allineati in tutta la rete, per evitare confusione nei clienti (che potrebbero chiedersi perché lo stesso prodotto costi diversamente in negozi diversi) e per prevenire rivalità tra punti vendita della catena.

Spesso nei materiali informativi e pubblicitari della rete i prezzi sono presentati in modo unitario, alimentando l’aspettativa che essi siano uguali ovunque.

D’altro canto, la legge pone limiti stringenti a quanto il franchisor può vincolare il franchisee sui prezzi al pubblico da praticare.

Il problema sussiste e non è di facile, e soprattutto sicura, soluzione. Tutt’altro.

In base al diritto della concorrenza (normativa antitrust nazionale ed europea), qualsiasi imposizione di prezzi minimi o fissi di rivendita al franchisee è considerata intesa restrittiva vietata. In altre parole, l’affiliato deve rimanere libero di determinare i propri prezzi di vendita al consumatore finale.

Non di rado, tuttavia, i contratti di franchising presentano clausole che cercano di vincolare fortemente l’affiliato sul prezzo, ad esempio obbligandolo ad applicare i listini fissati dall’affiliante e prevedendo solo rare eccezioni previa autorizzazione scritta di quest’ultimo​.

Clausole di questo tenore costituiscono una palese violazione delle norme vigenti sulla concorrenza​: una clausola che impone prezzi fissi potrebbe essere dichiarata nulla o inefficace per contrarietà alla legge antitrust, esponendo il franchisor stesso a sanzioni.

Per quanto riguarda le promozioni e gli sconti, il franchisor tende a voler coordinare le campagne promozionali a livello di rete, sia per motivi di immagine che per evitare concorrenza interna fra affiliati. Può quindi prevedere in contratto che il franchisee non attivi promozioni autonome (es. saldi, sconti extra) senza previa approvazione, soprattutto se le stesse possono entrare in contrasto con le campagne nazionali. Anche qui occorre equilibrio: se da un lato l’affiliato potrebbe voler fare sconti locali per smaltire merce o attirare clientela, dall’altro il franchisor deve evitare che iniziative scoordinate creino disallineamento dei prezzi percepiti. Un controllo eccessivamente pervasivo, soprattutto se troppo rigido e non giustificato da esigenze reali di tutela del marchio, potrebbe sfociare anch’esso in restrizioni della concorrenza. È lecito però che il franchisor coordini saldi stagionali o campagne di sconto generalizzate, concordandole con tutti gli affiliati, in modo che il consumatore trovi ovunque la stessa promozione (pensiamo alle classiche campagne “sconti in tutti i negozi XYZ”). In tal caso l’affiliato beneficia anche dell’impatto pubblicitario su larga scala. L’importante è che al di fuori di tali iniziative concordate, l’affiliato non venga sanzionato contrattualmente se pratica qualche sconto individuale per ragioni di mercato – pena, ancora, il rischio di incappare nel divieto di imporre prezzi minimi.

Immagine del franchising e rimedi negoziali – Che succede se il franchisee devia dalle direttive?

Cosa accade se un affiliato decide unilateralmente di discostarsi dalle direttive imposte dal franchisor, ad esempio applicando prezzi diversi da quelli raccomandati, lanciando promozioni non autorizzate o modificando standard operativi? Le conseguenze per il franchisee sul piano legale e contrattuale potrebbero diventare rilevanti.

In primo luogo, il franchisor potrebbe considerare tale condotta un inadempimento contrattuale. Se il contratto di franchising prevede esplicitamente l’obbligo di conformarsi a certe politiche (ad es. mantenere l’allestimento conforme agli standard, non vendere a prezzi difformi oltre un certo margine, usare solo prodotti autorizzati, ecc.), la violazione di queste clausole può legittimare l’affiliante a intraprendere azioni legali, fino alla risoluzione del contratto.

Solitamente si procede con una diffida ad adempiere, intimando al franchisee di riportare la propria condotta nel perimetro del contratto entro un termine stabilito, pena la risoluzione del rapporto.​

Se l’affiliato persiste nell’inosservanza, il franchisor può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento e anche un risarcimento dei danni eventuali (danni all’immagine del marchio, perdita di profitto, disservizi ai clienti, ecc.).

Principio di apparenza giuridica nel franchising e affidamento del consumatore – considerazioni finali – Immagine del franchising e sua rilevanza

Il principio di apparenza giuridica è un istituto del diritto civile che tutela l’affidamento in buona fede di terzi nelle situazioni in cui la realtà effettiva differisce da quella apparente. In generale, questo principio consente di imputare effetti giuridici sulla base dell’apparenza quando un terzo, senza colpa, si è ragionevolmente convinto di una determinata situazione. Nel contesto del franchising, l’apparenza giuridica si manifesta nel fatto che il franchisee, che si identifica con il franchisor, si presenta e appare verso l’esterno come parte della medesima organizzazione. Di conseguenza, un cliente che interagisce con un punto vendita affiliato può credere di concludere un contratto direttamente con il franchisor (o comunque con un soggetto da questo pienamente controllato), e su questa convinzione fa legittimo affidamento.

Applicare il principio di apparenza nel franchising significa, in sostanza, riconoscere giuridicamente questa impressione di unitarietà della rete. In passato, ciò è avvenuto talora forzando qualificazioni di carattere contrattuale: ad esempio, un tribunale di primo grado aveva ipotizzato una responsabilità contrattuale del franchisor verso il cliente basata sull’apparenza di un rapporto diretto, quasi a considerare il franchisor parte “apparente” del contratto stipulato dal franchisee. Tale impostazione, tuttavia, è stata corretta nei gradi successivi, preferendo ricondurre la questione nell’alveo extracontrattuale. Secondo la giurisprudenza via via formatasi sulla materia l’apparenza giuridica nel franchising non trasforma l’affiliante in parte contrattuale del rapporto tra affiliato e consumatore, ma serve piuttosto a fondare un obbligo di comportamento: il franchisor deve tenere una condotta diligente di vigilanza.

In termini pratici, il riconoscimento dell’apparenza giuridica comporta che il franchisor non può restare indifferente rispetto a ciò che accade nella propria rete, scaricando ogni responsabilità sugli affiliati. Al contrario, deve attivarsi per assicurare che l’apparenza di uniformità corrisponda il più possibile alla realtà di un servizio sicuro e – soprattutto – conforme alla Legge. Così, il principio di apparenza funge da strumento di tutela del consumatore, imponendo al franchisor uno standard di controllo e diligenza adeguato all’estensione della sua rete commerciale. In caso di violazione di questo standard – ovvero se il franchisor si disinteressa totalmente delle pratiche dei propri franchisee, lasciando che l immagine del franchising venga utilizzata in modo fraudolento o scorretto – l’ordinamento prevede che il danno al consumatore non rimanga privo di tutela: l’affiliante potrà essere chiamato a risponderne, a titolo di responsabilità civile extracontrattuale.

Come possiamo aiutarti

Ci occupiamo di contratto di franchising sin dall’emanazione della Legge 129 del 2004 (Legge Franchising), e forniamo regolarmente consulenza legale ed assistenza ad imprese (sia Franchisor che Franchisee) dei più svariati comparti. Abbiamo ottenuto numerose Sentenze di accoglimento (o di rigetto delle domande avversarie) in materia di contratto di franchising, tra le quali:

  • Trib. Foggia, 21 dicembre 2022: ottenuta nell’interesse del franchisee la risoluzione di un contratto di franchising in danno di un franchisor che aveva mutato unilateralmente la formula commerciale ed i prodotti da commercializzare, ed in sostanza l’identità del franchising;
  • Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, 18 dicembre 2021ottenuta l’apertura dell’istruttoria per ipotesi di abuso di dipendenza economica ed altre ipotesi di violazione della concorrenza nei confronti di una nota azienda di abbigliamento;
  • Trib. Milano, 15 aprile 2021risolto per inadempimento  del Franchisor un contratto di franchising immobiliare per violazione dell’esclusiva;

Hai bisogno di una consulenza sul contratto di franchising? Contattaci subito 051.19901374

Oppure scrivici da qui