Concorrenza sleale tra studi legali
Concorrenza sleale tra studi legali – Denominazione dello studio legale e concorrenza – Il marchio dello studio legale – Trib. Milano, 23 marzo 2023
Silvia Squilloni, Giovanni Adamo
La concorrenza sleale tra studi legali
Il Tribunale di Milano si è occupato, con una interessante Sentenza del 23 marzo 2023, di un’ipotesi di concorrenza sleale tra studi legali, analizzando il rapporto tra denominazione dello studio legale e concorrenza, e valorizzando l’importanza del marchio dello studio legale, verificando, fra l’altro, la possibilità di applicazione dell’art. 2598, n. 1 (concorrenza sleale confusoria) all’attività forense.
Concorrenza sleale ex art. 2598, n. 1, c.c. e la denominazione
Ai sensi dell’art. 2598, n. 1 , c.c. “compie atti di concorrenza sleale chiunque: 1)usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente”.
Nel caso di specie, si tratta di denominazione di uno Studio Legale, la quale se si tratta di marchio denominativo registrato, è tutelata dal Codice della proprietà industriale ai sensi dell’articolo 21 che permette al titolare del marchio nei confronti di terzi di vietare l’uso “del marchio d’impresa per identificare o fare riferimento a prodotti o servizi del titolare di tale marchio” quando tale uso non è conforme ai principi di correttezza professionale.
Denominazione dello studio legale e concorrenza – il marchio dello studio legale: la vicenda
Con ricorso cautelare presentato avanti il Tribunale di Milano l’Avv. ******** deduceva che la figlia, anch’essa avvocato, dopo aver lavorato per oltre vent’anni nello studio del padre come collaboratrice, apriva un proprio studio legale.
Il ricorrente contestava alla figlia l’utilizzo del marchio “Studio Legale *******” con relativo sito web e Linkedin, oltre all’indirizzo mail e al fatto di aver assunto collaboratori del padre nel proprio studio proprio con l’intento di creare confusione con lo Studio Legale precedente.
Chiedeva, pertanto, in via cautelare ed urgente di inibire alla figlia di cessare immediatamente ogni e qualsiasi utilizzo del marchio, del sito e della pagina Linkedin, in quanto il “comportamento della resistente è rilevante sotto il profilo della concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 n. 1, c.c. quanto concorrenzialmente scorretto sarebbe l’uso di nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri” e, altresì, ai sensi dell’art. 22 C.P.I. che vieta di adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio di un sito usato nell’attività economica o altro segno uguale o simile all’altrui marchio.
La resistente contestava l’infondatezza sia del diritto di esclusiva derivante dall’uso dell’espressione “Studio Legale ******” in quanto “non vi sarebbe alcun rischio di confusione, sia per la funzione dei patronimici nel mondo della professione legale e sia perché rispettivamente il ricorrente e la resistente hanno affiancato alla denominazione contestata un segno figurativo differente”.
La resistente contestava, infine, che “per poter godere della tutela prevista dall’art. 2598 c.c. anche in relazione all’ambito delle professioni intellettuali l’organizzazione delle stesse dovrebbe essere sostanzialmente equiparabile a quello di un’azienda, profilo non rilevabile nel caso di specie” e che la registrazione del marchio effettuata dal padre era di data successiva a quella dell’inizio dell’uso del marchio da parte della figlia.
Studio legale e concorrenza sleale: le valutazioni del Tribunale
Il Tribunale attestava “la sussistenza di un contenuto comunicativo più ampio nella denominazione “Studio Legale *******” connesso al fatto che anche l’attività complessiva dei collaboratori dello Studio deve ritenersi svolta con le medesime qualità proprie dell’attività del titolare dello Studio stesso e di cui egli si rende garante nei confronti della clientela dello Studio.”
Il marchio dello studio legale e la sua importanza
l’Ill.mo Giudicante accertava, poi, l’infondatezza della mala fede nella registrazione del marchio da parte del ricorrente, in quanto risultavano “al contrario esse precedute da un lungo e consolidato preuso in favore del medesimo registrante. Deve dunque ritenersi che la denominazione utilizzata dalla resistente sia confliggente con i diritti acquisiti dal ricorrente sull’identica denominazione per effetto del lungo e risalente uso di essa per lo svolgimento dei medesimi servizi legali connessi alla professione svolta dalle parti.
Studio legale e marchio
A tale conclusione si giunge sulla base della mera conferma che l’uso precedente del segno vada senza dubbio riconosciuto in favore di parte ricorrente e, trattandosi di segno identico per servizi identici offerti in ambito territoriale del tutto sovrapponibile, non appare rilevante disquisire oltre in merito all’effettiva confondibilità tra essi (art. 20, comma 1, lett. a c.p.i.).”
Il Tribunale, pertanto, indicava alla resistente di comprendere nella denominazione del suo studio anche il suo prenome unitamente al cognome “al fine di evitare ogni possibilità di confusione da parte di terzi nel corretto collegamento dei due studi professionali alle rispettive parti in causa” in modo da conciliare sia l’esigenza della stessa di utilizzare il proprio nome nella sua attività professionale sia l’onere di rispettare usi consolidati precedenti.
Accertato il fumus boni iuris, il Tribunale quindi valutava la sussistenza del periculum in mora. L’Ill.mo Giudicante rilevando l’elevata attitudine confusoria della condotta della resistente a cui si riconnetteva un pregiudizio non quantificabile per il ricorrente, il quale aveva peraltro già prima dell’instaurando procedimento contattato in via bonaria la resistente, accertava anche la sussistenza del secondo presupposto necessario per l’emissione di un provvedimento atto a tutelare il ricorrente.
Concorrenza sleale tra studi legali – Studio legale e marchio – conclusioni
Il Tribunale concludeva con l’accoglimento del ricorso inibendo “alla parte resistente l’ulteriore utilizzo della denominazione “Studio Legale *******” sia direttamente che per interposta persona e con qualsiasi mezzo, per contraddistinguere e/o promuovere la propria attività professionale” e “l’utilizzo dei nomi a dominio studiolegale****.it e studiolegale****.com”.
L’Ill.mo Tribunale disponeva infine “a carico della resistente il pagamento di una penale di euro 1.500,00 per ogni violazione successivamente constata e/o per ogni giorno di ritardo nell’attuazione del provvedimento a decorrere dal decimo giorno successivo alla comunicazione della presente ordinanza” e “condanna parte resistente al rimborso delle spese del presente procedimento in favore del ricorrente, liquidate in € 7.000,00 per compensi oltre rimborso spese generali ed oneri di legge”.
Come possiamo aiutarti
Ci occupiamo da molti anni di concorrenza sleale e abbiamo assistito molte imprese appartenenti ai più svariati comparti, ottenendo numerosi provvedimenti di accoglimento. Di seguito alcuni dei più recenti:
- Trib. Genova, 22 dicembre 2022;
- Trib. Bologna, 10 maggio 2022;
- Trib. Milano, 19 aprile 2021;
- Trib. Venezia, 4 gennaio 2018;
- Trib. Venezia, 17 novembre 2017;
- Trib. Firenze, 7 febbraio 2017
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