Diritto di cronaca: irrilevante l’errore minimo

Diritto di cronaca: errore del giornalista è diffamazione? – Irrilevante l’errore minimo del giornalista – La verità putativa della notizia

Giovanni Adamo

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Diritto di cronaca: irrilevante l’errore minimo – Nuova Sentenza del Tribunale di Roma in materia di diffamazione

Giovanni Adamo

Il Tribunale di Roma si è pronunciato su una controversia in materia di diritto di cronaca e diffamazione a mezzo stampa, richiamando ed evidenziando i più diffusi orientamenti giurisprudenziali e giudicando irrilevante l’errore minimo del giornalista nel dare una notizia, valorizzando, in questo modo, la verità putativa della notizia.

Il caso

L’attore conveniva in giudizio un quotidiano italiano d’informazione per aver pubblicato sulla propria edizione online con modalità, a suo dire, diffamanti la vicenda penale che lo aveva coinvolto.

Questi, infatti, era stato condannato alla reclusione più multa, poi sostituita con pena pecuniaria, per aver continuato a percepire i ratei della pensione del proprio padre, deceduto 11 anni prima.

Lo stesso era stato poi assolto a seguito dell’impugnazione della sentenza presso la Corte d’Appello.

L’attore lamentava che l’articolo avesse menzionato soltanto la condanna inflitta, errando, tra l’altro nell’indicazione del quantum della multa, mentre non riportava alcunché circa la successiva assoluzione in sede di gravame.

Diritto di cronaca e verità putativa della notizia: l’orientamento della Suprema Corte

Il Tribunale di Roma, chiamato a decidere sulla questione, richiamava alcuni degli orientamenti della Suprema Corte in materia di bilanciamento tra diritto di cronaca e diritto all’onore e reputazione.

In particolare nel bilanciamento tra diritto alla informazione e diritti della persona alla reputazione ed alla riservatezza, il primo tendenzialmente prevale sui secondi.

Inoltre, riportandosi alla nota sentenza n. 5259/1984 della Corte di Cassazione evidenziava che il diritto di cronaca risulta prevalente a condizione che le informazioni diffuse rispondano a requisiti di:

a)verità oggettiva, o anche soltanto putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca (che non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano dolosamente o anche soltanto colposamente taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato; ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore/ascoltatore rappresentazioni alterate della realtà oggettiva)

  1. b) sussistenza di un interesse pubblico all’informazione, c.d. pertinenza
  2. c) esposizione e valutazione dei fatti connotata da modalità appropriate e contenute, c.d. Continenza

Diritto di cronaca e diritto di critica: l’ errore del giornalista è diffamazione?

Il Tribunale, ancora, raffrontando il diritto di cronaca e il diritto di critica ricordava che in ordine alla verità del fatto non è ravvisabile alcuna differenza apprezzabile tra l’esercizio dei due diritti.

Entrambi richiedono, infatti, la verità oggettiva del fatto narrato, da ricondursi ai criteri di diligenza e perizia, i quali non vengono rispettati laddove vegano omessi dettagli idonei a mutare completamente il significato del fatto narrato o laddove vengano utilizzati stratagemmi al fine di alterare la rappresentazione della realtà.

La decisione: irrilevante l’errore minimo del giornalista

Nel caso di specie, il Tribunale considerava irrilevante la circostanza per cui nell’articolo fosse riportato un dato errato, tra l’altro, relativo alla sanzione pecuniaria così anche la mancanza di un qualsivoglia riferimento all’impugnazione della sentenza e la relativa assoluzione.

L’articolo infatti era stata pubblicato quando ancora non era stata pronunciata la sentenza di assoluzione, per cui non era neanche astrattamente configurabile l’omessa verifica da parte dell’autore dell’articolo.

La verità putativa delle notizie pubblicate deve essere accertata alla stregua di quanto conosciuto o conoscibile dal giornalista alla data di pubblicazione dell’articolo e non certo all’esito finale del relativo giudizio penale intervenuto anni dopo (Cassazione civile, sez. III, 31 marzo 2006, n. 7506 in Resp. civ. e prev. 2006, 11 1887)”.

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