Concorrenza sleale e marchio
Concorrenza sleale e marchio: come tutelare il marchio d’impresa e come risarcire il danno da violazione di marchio – La protezione del brand
Concorrenza sleale e marchio: come tutelare il marchio d’impresa dal rischio di confusione – Il caso
Si pronuncia il Tribunale di Milano con una interessante Sentenza in materia di concorrenza sleale e marchio. Il Tribunale affronta, in particolare, il problema di come tutelare il marchio d’impresa e di come risarcire il danno da violazione di marchio.
La controversia in oggetto ha origine sin dalla fine degli anni settanta e ha visto coinvolte due note aziende di prodotti caseari. Queste inizialmente formavano un’unica grande azienda familiare, ma con la morte del capostipite, come spesso accade, i figli decidono di percorrere strade diverse. Uno dei fratelli, infatti, decideva di fondare una propria impresa sempre nel campo dei prodotti alimentari. L’atto di recesso dalla società ratificava e consentiva la possibilità di intraprendere un’attività avente il medesimo oggetto di quella che si esercitava in precedenza, a condizione di non ingenerare confusione tra i consumatori e con i marchi da essa utilizzati. Nell’avviare la nuova attività (la cui società era la convenuta nel presente procedimento) l’ex socio utilizzava quale elemento distintivo del marchio proprio la parola che contraddistingueva il marchio dell’altra società (il cognome di famiglia).
Da tale circostanza nascevano una serie di contenziosi che si sono propagati sino ad oggi.
Concorrenza sleale e marchio – La decisione del Tribunale di Milano.
La protezione del brand dal rischio di confusione
La Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Milano, dopo un apprezzabile excursus storico delle controversie esistenti e già decise tra le due parti, ha accertato che il marchio della convenuta costituisse contraffazione delle privative azionate dall’attore per l’evidente risalto dato al termine C…a e per la sua inequivoca funzione distintiva, visto il collegamento inscindibile con la parola G…, collocata nello spazio sovrastante in modo da ottenere la lettura consecutiva della intera dicitura G… C…a. […] vi è quindi piena prova dell’uso da parte di G…, proseguito per circa 12 anni, di un segno simile alle registrazioni di titolarità della C…a s.r.l. per contraddistinguere prodotti identici (formaggi), con il pericolo obiettivo di confusione tra i prodotti e anche di associazione tra i due segni, poiché il consumatore rischia di abbinare la denominazione C…a ad un’unica filiera produttiva e/o distributiva“.
Risarcire il danno da violazione di marchio
Nell’accogliere la domanda risarcitoria, il Tribunale ha contenuto il quantum sulla base di alcune considerazioni di carattere oggettivo e soggettivo:
– dopo una precedente inibitoria dell’utilizzo del marchio la convenuta ne aveva progressivamente cessato l’utilizzo;
– carenza di elementi probatori in ordine alla effettiva dimensione e diffusività dell’illecito;
– sul piano dell’elemento soggettivo si è dato atto alla convenuta, data la peculiarità della vicenda, della possibilità che la stessa abbia agito nel convincimento del rispetto dei limiti definiti da precedenti pronunce.
Infine il Tribunale ha ritenuto di non accogliere la richiesta di ritiro dal commercio in quanto: i prodotti in contestazione per loro natura sono deperibili e con un ciclo di vita commerciale limitato nel tempo; già dal 2015 la convenuta ha iniziato un progressivo e oramai definitivo abbandono del termine incriminato; è presumibile che allo stato non vi siano più scorte o giacenze presso i normali canali distributivi in precedenza già approvvigionati.
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