La diffamazione su Youtube

La diffamazione su Youtube – Lesione della reputazione su Youtube: video diffamatorio – Sentenza della Corte d’Appello di Milano del 4 novembre 2022

Joele Agosta, Giovanni Adamo

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La diffamazione su Youtube: la vicenda

Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. Tizio e Caio agivano in giudizio dinanzi il Tribunale di Milano nei confronti di Sempronio, chiedendo il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti conseguentemente ad affermazioni diffamatorie pronunciate, da controparte, nei loro confronti durante la trasmissione televisiva di quest’ultima.

Il Tribunale di Milano, con Ordinanza del 6 luglio 2021, accertava la natura diffamatoria della condotta di Sempronio pronunciate durante la trasmissione televisiva, in più occasioni, condannando la parte convenuta al risarcimento dei danni e alla rimozione dal relativo canale YouTube delle puntante della trasmissione in cui si rinvenivano le affermazioni diffamatorie.

La lesione della reputazione su Youtube – I principi di diritto applicabili

Youtube: video diffamatorio – Erano stati impiegati termini ingiuriosi ed altamente offensivi, fra l’altro anche reiterati

I Giudici milanesi ritenevano, in particolare, che le frasi pronunciate dalla parte convenuta avessero avuto indubbiamente natura diffamatoria, poiché le stesse contenevano termini altamente offensivi che comportavano una lesione del diritto all’immagine dei ricorrenti (art. 10 c.c.), sia sotto il profilo personale che professionale, non ricorrendo, invero, il principio Costituzionale della libertà di espressione (art. 21), anche configurandolo come diritto di critica.

In merito alla quantificazione del danno non patrimoniale il Tribunale ha tenuto conto, in particolare, del tipo di condotta, essendo la stessa ingiuriosa e reiterata; dell’intensità dell’elemento psicologico nella condotta dell’autore, la quale si configurava intenzionale a diffamare i ricorrenti; del mezzo di comunicazione utilizzato, i quanto il mezzo televisivo e social comporta per natura una più larga e veloce diffusione dei contenuti.

La diffamazione su Youtube: le osservazioni della Corte

Sempronio, impugnando l’Ordinanza di primo grado , censurava la pronuncia insistendo, in particolare, sulla “decontestualizzazione della condotta”, sulla insussistenza del danno subito dalle controparti e sulla condanna alla rimozione integrale delle sue trasmissioni.

La Corte condivide con i Giudici di prime cure la natura altamente diffamatoria delle affermazioni dell’appellante, le quali hanno oggettivamente un contenuto offensivo che per nulla può ricondursi al diritto alla libertà di espressione e di critica e, pertanto, “appare del tutto impropria l’argomentazione dell’appellante secondo cui la vicenda dovrebbe essere “contestualizzata”, in quanto trattasi di espressioni notevolmente offensive dell’altrui reputazione che, per la loro gravità, appaiono prive di ogni giustificazione” (Cass. Sent. n. 8861/2021 e Cass. Civ. Sent. 18/02/2020 n. 4005).

Il danno da diffamazione non è in re ipsa. Ne caso di lesione della reputazione su Youtube il danno va provato, anche attraverso presunzioni

In merito al danno subito, Tizio e Caio in primo grado hanno dimostrato di aver subito dei gravi pregiudizi al loro onore in relazione alla condotta di Sempronio, la quale si presenta come reiterata e aggravata dalla diffusione di tali affermazioni tramite i mezzi televisivi e social. Oltretutto, in relazione alla prova del danno non patrimoniale derivante dalla diffamazione, i Giudici della Corte citano un principio consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo il quale “in tema di responsabilità civile per diffamazione, il pregiudizio all’onore ed alla reputazione, di cui si invoca il risarcimento, non è “in re ipsa”, identificandosi il danno risarcibile non con la lesione dell’interesse tutelato dall’ordinamento ma con le conseguenze di tale lesione, sicché la sussistenza di siffatto danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova, anche attraverso presunzioni, assumendo a tal fine rilevanza, quali parametri di riferimento, la diffusione dello scritto, la rilevanza dell’offesa e la posizione sociale della vittima”.

Sulla condanna alla rimozione delle trasmissioni dell’appellante, la Corte ha ritenuto ragionevole detta decisione del Giudice di primo grado, stante la natura e la reiterazione della condotta diffamatoria. La Corte pertanto confermava integralmente il Provvedimento di primo grado.

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