La concorrenza sleale va in farmacia
La concorrenza sleale va in farmacia – Concorrenza sleale e farmacia – Sviamento di clientela – Rinuncia al ticket e concorrenza sleale – Vantaggio competitivo indebito
di Eliana Arezzo, Tommaso Panozzo e Giovanni Adamo
Con sentenza del 12 novembre 2020 la Corte di Cassazione, ha rigettato il ricorso proposto da un farmacista avverso la decisione della Commissione centrale per le professioni sanitarie che confermava la sanzione irrogatagli dal Consiglio dell’ordine confermando, di fatto, la sussistenza di illeciti disciplinari in violazione del codice deontologico e dell’art. 2598 del codice civile.
La vicenda
La vicenda traeva origine dalle numerose segnalazioni pervenute da parte di alcuni titolari di farmacie di un comune pugliese all’ordine dei farmacisti, per l’asserita violazione da parte di un farmacista della stessa città, della corretta concorrenza mediante un’azione perturbatrice produttiva di uno sviamento della clientela di altre farmacie della zona a favore della propria.
In particolare veniva lamentato l’utilizzo di metodi fraudolenti quale l’abbuono (totale o parziale) ai clienti del ticket imposto dalla legge sulle prescrizioni farmaceutiche.
Contro la sanzione disciplinare irrogata dal Consiglio dell’ordine, il farmacista proponeva ricorso al Tar e alla Commissione centrale per le professioni sanitarie, la quale, in particolare, confermava la sussistenza degli illeciti disciplinari contestati, pur disponendo la riduzione della sanzione.
Avverso tale ultima decisione, veniva proposto ricorso in Cassazione.
La decisione della Corte
La Corte rigettando il ricorso, ha evidenziato che nel caso si specie si erano concretizzati tutti i comportamenti addebitati al farmacista.
Secondo la Corte, che ha analizzato il rapporto tra rinuncia al ticket e concorrenza sleale, i comportamenti assunti dal farmacista avevano rappresentato una scorretta pratica implicante l‘omessa riscossione di quote di partecipazione a carico degli assistiti per i farmaci convenzionati con i sistema sanitario nazionale nonché la realizzazione a condizioni diverse di sconto alla clientela con riferimento ai farmaci non convenzionati.
Tali azioni configuravano un’attività comportante concorrenza sleale in danno di altri farmacisti della zona, oltre che in violazione delle disposizioni previste dal codice deontologico relativo alla professione, in quanto avrebbe assicurato al farmacista “scorretto” un illecito vantaggio competitivo rispetto ad altre farmacie.
Pertanto, la Corte riteneva corretta l’imputazione al ricorrente di aver violato i disposti del codice deontologico e, conseguentemente dell’art. 2598, c.c. “laddove per un verso impongono ai farmacisti di riscuotere in misura dovuta i ticket sui farmaci a carico del sistema sanitario nazionale e, per altro verso, di non potere praticare sconti sui farmaci non a carico dello stesso salvo che nel caso in cui si provveda a dare adeguata e chiara informazione ai consumatori e tali sconti siano applicati in favore di tutti gli acquirenti.”
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