Franchising: parità di trattamento e buona fede

Franchising: Parità di Trattamento e Buona Fede: Riflessioni alla luce di Cass. 7908/2024

 

Franchising: parità di trattamento e buona fede – La parità di trattamento nel franchising – La pronuncia della Corte di Cassazione sulla parità di trattamento e sulla collocazione dei punti vendita – Princìpi e possibili deroghe

CONTATTACI SUBITO

Franchising: Parità di trattamento e condizioni equanimi: un principio cardine

Nel contesto del franchising, il principio di parità di trattamento e l’obbligo di offrire condizioni equanimi agli affiliati rappresentano un punto cruciale per la sopravvivenza e il successo della rete commerciale. Sebbene in un primo momento possa sembrare un semplice corollario del principio di buona fede e correttezza, in realtà l’uguale trattamento degli affiliati in situazioni assimilabili è una delle garanzie fondamentali affinché nessun franchisee subisca un danno concorrenziale ingiustificato rispetto ad altri.

Il ruolo della buona fede

Se ci sono più affiliati il Franchisor non può agire in modo da avvantaggiare arbitrariamente uno di essi

L’articolo 1375 del Codice Civile italiano sancisce l’obbligo di eseguire il contratto secondo buona fede. In un sistema di franchising (ne avevamo parlato anche in QUESTO ARTICOLO), questa norma trova una declinazione specifica: non solo il franchisor è tenuto a fornire le informazioni necessarie e a rispettare i patti contrattuali, ma deve anche astenersi da comportamenti che possano ledere gli interessi giuridicamente protetti del franchisee. In presenza di più affiliati che operano nella medesima area geografica (vale a dire, dove non è prevista un’esclusiva territoriale), il franchisor non può agire in modo da avvantaggiare arbitrariamente uno degli affiliati a discapito di un altro, se le condizioni di base sono le medesime.

L’assunto di base: trattare situazioni uguali in modo uguale

Il principio di parità di trattamento nel franchising si basa sulla massima di diritto e di equità. Nel caso del franchising, tale equazione si traduce nell’obbligo per il franchisor di applicare le medesime condizioni contrattuali (come ad esempio il costo dei prodotti, le modalità di assistenza, la percentuale di royalties, le linee guida di marketing e formazione) a tutti i franchisee che si trovano in posizioni analoghe. Ciò appare particolarmente rilevante quando più affiliati operino su un mercato omogeneo e siano in potenziale competizione tra loro, giungendosi altrimenti a situazioni di vera e propria PATOLOGIA DEL RAPPORTO.

I limiti del principio di parità

La parità di trattamento e le condizioni equanimi non implicano, tuttavia, un’eguaglianza assoluta e inderogabile. La stessa legge sul franchising, nonché la giurisprudenza, ammettono che possano essere poste in essere differenziazioni se sussistono oggettive ragioni. L’esempio più semplice è un differente volume di acquisti o di vendita (nel caso di cosiddette “royalties flessibili”), oppure promozioni localizzate a seconda delle differenti esigenze del territorio, ma sempre nel rispetto del dovere di buona fede.

La sentenza della Cassazione 7908 / 2024:  la parità di trattamento nel Franchising tra vecchi e nuovi affiliati e il principio generale della parità di trattamento

Il nucleo centrale di questa disamina è la sentenza della Corte di Cassazione n. 7908 del 2024, che ha fornito chiarimenti fondamentali in merito alla possibilità di offrire condizioni promozionali soltanto a determinati affiliati, pur in assenza di un’esclusiva territoriale.

La Corte ha così individuato la

regola, di carattere generale, secondo cui deve ritenersi conforme a buona fede il fatto che, in un contratto di franchising senza esclusiva territoriale, l’affiliante abbia a riservare a tutti gli affiliati in concorrenza nella medesima area le stesse condizioni negoziali, precisando che “l’affiliato nuovo entrato nella rete commerciale (o, comunque, il punto vendita a gestione diretta aperto ex novo), proprio per il fatto di doversi inserire in un tessuto commerciale preesistente, in cui sono attivi operatori già da tempo conosciuti dalla clientela, si trova in una condizione di evidente svantaggio rispetto ai concorrenti, sì che non può essere ritenuto contrario a buona fede il fatto che l’affiliante riservi a tale nuovo punto vendita, per un periodo temporale ragionevolmente limitato, attività promozionali non concesse ai punti vendita già operativi da tempo.

Secondo la Corte, dunque, in linea di principio, un franchisor è tenuto ad accordare condizioni identiche a tutti i franchisee che si trovino in condizioni di concorrenza diretta. Tuttavia, la Suprema Corte ha statuito un importante temperamento: se un nuovo franchisee deve affrontare un naturale svantaggio competitivo per il suo recente ingresso sul mercato, è lecito che il franchisor preveda, per un periodo di tempo limitato, iniziative promozionali o condizioni contrattuali più favorevoli, al fine di agevolarne l’avviamento.

Il fatto all’origine del contenzioso

La controversia giunta innanzi alla Cassazione verteva sull’accusa, da parte di un affiliato “storico” di un noto brand, di aver subito una discriminazione ingiustificata. L’affiliato lamentava il fatto che un nuovo esercizio della stessa catena, aperto in un’area commercialmente prossima, beneficiasse di piani di marketing e sconti di fornitura non concessi a lui, seppure le due attività si trovassero in diretta concorrenza.

Il franchisee di vecchia data sosteneva di aver investito ingenti capitali per fidelizzare la clientela e che l’avvantaggiare il nuovo entrato avrebbe generato un danno non trascurabile per la sua attività. Tuttavia, il franchisor replicava affermando che tali vantaggi sarebbero stati concessi solo per un periodo limitato, esclusivamente per agevolare l’ingresso del nuovo esercizio, e comunque necessari affinché il nuovo affiliato potesse raggiungere un livello di competitività adeguato a reggere il confronto sul mercato locale.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Cassazione, nell’esaminare la vicenda, ha evidenziato i seguenti punti:

  1. L’assenza di esclusiva territoriale: il contratto di franchising non garantiva all’affiliato storico l’esclusiva di zona, ragion per cui era perfettamente legittimo che un nuovo franchisee si insediasse nel medesimo territorio.
  2. L’applicazione del principio di buona fede: in base all’art. 1375 c.c., non può ritenersi contrario a buona fede il fatto che il franchisor offra promozioni o sconti a un affiliato di nuova apertura, se ciò è finalizzato a compensare la condizione di svantaggio competitivo iniziale.
  3. La concorrenza intra-brand: la concorrenza tra punti vendita affiliati allo stesso brand non è di per sé illecita, purché l’affiliante non discrimini in modo arbitrario alcuni affiliati a favore di altri.
  4. La temporaneità del vantaggio: la Cassazione ha sottolineato che l’aspetto decisivo per valutare la legittimità di tali iniziative promozionali risiede nella loro durata ragionevolmente limitata. Se il franchisor avesse mantenuto in modo permanente o per un lungo periodo queste condizioni di favore unicamente a un affiliato, ciò avrebbe potuto configurare una violazione della parità di trattamento.
  5. L’onere della prova: spetta all’affiliato che si ritiene discriminato fornire la prova che la differenziazione non era giustificata da ragioni oggettive e non era limitata nel tempo.

L’impatto concreto della pronuncia: esistenza del principio della parità di trattamento, ma con possibili deroghe motivate e ragionevoli

Questa sentenza del 2024 ha un impatto significativo, poiché sancisce in modo autorevole che la parità di trattamento e l’equità delle condizioni non devono essere intese in modo statico e assoluto. Il franchisor può – e in certi casi deve – adeguare il supporto offerto ai propri affiliati, tenendo conto del fatto che chi entra successivamente nella rete può trovarsi in una posizione di svantaggio. La giurisprudenza fornisce così un perimetro più chiaro, stabilendo che la differenziazione è accettabile purché segua finalità lecite (evitare lo sbilanciamento competitivo iniziale), sia commisurata nel tempo (limitata a un periodo ragionevole) e non sia in contrasto con gli obblighi di buona fede.

Franchisor e franchisee alla luce della Cassazione 2024: profili pratici e consigli utili

Alla luce di quanto affermato sinora, è opportuno individuare alcuni consigli pratici e linee guida per franchisor e franchisee, così da prevenire potenziali conflitti interni alla rete e affrontare con serenità le eventuali controversie che potrebbero insorgere (sul punto leggi anche QUESTO ARTICOLO).

Raccomandazioni per il franchisor

  1. Trasparenza contrattuale: sin dalle prime fasi delle trattative, è importante chiarire che, in assenza di esclusiva territoriale, la rete può ampliarsi con nuovi affiliati. Nel contratto è sempre auspicabile disciplinare espressamente la possibilità di introdurre iniziative promozionali per i nuovi punti vendita, evidenziando la loro limitata durata e la finalità di sostegno all’avvio.
  2. Protocollo interno di “welcome package”: definire un protocollo standardizzato, che stabilisca le agevolazioni concesse ai nuovi affiliati per il periodo di start-up, elencando i benefici (riduzione temporanea delle royalties, campagne promozionali, formazione intensiva, ecc.) e la durata massima. Ciò riduce la discrezionalità e il rischio di contestazioni per disparità di trattamento.
  3. Documentazione dettagliata: per prevenire o gestire possibili vertenze, il franchisor deve conservare evidenza delle motivazioni e della durata di eventuali vantaggi concessi, dimostrando che si tratta di misure proporzionate a esigenze di avviamento e che non sono volte a favorire arbitrariamente un singolo affiliato a scapito di altri.
  4. Coordinamento marketing: poiché le attività pubblicitarie e promozionali sono spesso un elemento caratterizzante del franchising, è opportuno che il franchisor pianifichi iniziative di marketing differenziate in base alle diverse fasi di vita dei punti vendita, ma sempre nel rispetto del principio di parità e buona fede.

Raccomandazioni per il franchisee

  1. Valutazione iniziale del contratto: il potenziale affiliato deve leggere attentamente la sezione relativa all’eventuale esclusiva territoriale. Se non vi è menzione di esclusiva, è bene considerare realisticamente la possibilità che altri punti vendita possano aprire nelle vicinanze.
  2. Monitoraggio della rete: una volta avviata l’attività, è consigliabile mantenere un canale aperto e collaborativo con il franchisor, monitorando l’eventuale ingresso di nuovi affiliati e le relative condizioni offerte. In caso di dubbi, conviene sollevare la questione in modo tempestivo e formale, cercando un confronto pacifico.
  3. Onere della prova: qualora si ritenga di aver subito una discriminazione, è fondamentale raccogliere documentazione e prove tangibili che dimostrino come gli altri affiliati siano stati avvantaggiati ingiustificatamente e in modo permanente. Senza un supporto probatorio solido, sarà difficile ottenere ragione in una controversia legale.
  4. Collaborazione e networking: molti contratti di franchising incentivano la collaborazione tra affiliati e la creazione di gruppi di lavoro. Il confronto con altri franchisee può aiutare a comprendere se e come siano state concesse iniziative promozionali o condizioni di favore, e se queste siano effettivamente ragionevoli o discriminatorie.

Franchising: parità di trattamento e buona fede – come mantenere equilibrio e armonia nella rete

Uno dei maggiori rischi per un franchisor è che la rete cada in una conflittualità interna che possa nuocere alla reputazione del marchio e al potenziale di crescita. È nell’interesse stesso dell’affiliante preservare un clima di fiducia e collaborazione con tutti gli affiliati, bilanciando le esigenze dei “vecchi” punti vendita con quelle dei nuovi entrati.

Centralità della comunicazione

La chiarezza e la puntualità della comunicazione con la rete sono fondamentali. Prima di lanciare campagne promozionali dedicate ai nuovi affiliati, è opportuno informare tutti i punti vendita della durata e delle ragioni che giustificano tali iniziative. Questo approccio, oltre a ridurre il rischio di malintesi, consente ai franchisee più esperti di organizzarsi strategicamente.

Incentivi per i “pionieri”

Per lenire il senso di “vantaggio ingiusto” che talvolta percepiscono i franchisee di più lunga data, alcuni franchisor scelgono di premiare la fedeltà o i risultati raggiunti. Ad esempio, si possono prevedere riduzioni delle royalties o bonus a obiettivi di fatturato, così da bilanciare, nella percezione dei veterani, il supporto extra fornito ai nuovi affiliati. Questo aiuta a mantenere la fiducia nel sistema e ad evitare l’insorgenza di tensioni.

Costante monitoraggio delle performance

Una delle best practice per un franchisor consiste nel monitorare costantemente le performance di ogni affiliato, tenendo conto di specificità territoriali, stagionali e competitive. In tal modo, si possono identificare tempestivamente situazioni di difficoltà – sia di un affiliato storico sia di uno nuovo – e calibrare iniziative di sostegno e formazione mirate. Con un approccio bilanciato e dati alla mano, sarà più agevole rispondere ad accuse di favoritismi immotivati.

Conclusioni sulla parità di trattamento nel Franchising

Possiamo concludere che la recente sentenza della Cassazione del 2024 rappresenta un tassello prezioso nell’evoluzione del diritto del franchising italiano. Essa ribadisce l’importanza di garantire parità di trattamento e condizioni equanimi a tutti gli affiliati, pur nel rispetto delle esigenze e delle peculiarità di ciascun punto vendita. Il vero fulcro è il principio di buona fede, che deve ispirare l’operato del franchisor, soprattutto quando – come spesso accade – nel contratto non sia prevista un’esclusiva territoriale.

La pronuncia in esame ha altresì evidenziato che non è di per sé contrario a buona fede riservare temporanee condizioni agevolate a un nuovo affiliato, al fine di compensare lo svantaggio dovuto al suo ingresso successivo nella rete. Ciò che conta è che tali vantaggi non si protraggano oltre il tempo ragionevolmente necessario e non si trasformino in un artificio per avvantaggiare stabilmente un soggetto a scapito degli altri.

La “chiave di volta” risiede sempre nella redazione accurata del contratto e in una gestione trasparente e lungimirante dei rapporti con la rete. Un contratto che disciplini in modo chiaro la possibilità di concedere agevolazioni ai nuovi affiliati e la loro durata, e che preveda procedure di confronto e risoluzione di eventuali controversie, riduce enormemente il rischio di liti in sede giudiziaria. D’altro canto, la costante attenzione alle ragioni di tutti i soggetti coinvolti e la disponibilità a un dialogo costruttivo costituiscono il miglior viatico per una rete di franchising solida, redditizia e duratura.

In definitiva, l’orientamento espresso dalla Cassazione nel 2024 non stravolge i capisaldi del franchising, bensì li rende più aderenti alle reali dinamiche di mercato e alle mutate esigenze di una rete commerciale in continua espansione e diversificazione. Se ben interpretato, questo principio potrà favorire un consolidamento del rapporto contrattuale e un rafforzamento della fiducia reciproca tra franchisor e franchisee, con ricadute positive sia sulla qualità del servizio/prodotto offerto al cliente finale, sia sull’immagine complessiva del brand.

Hai bisogno di una consulenza sul contratto di franchising? Ritieni di avere un problema di parità di trattamento nel franchising? Contattaci subito 051.19901374

Oppure scrivici da qui