Concorrenza sleale per agganciamento
Concorrenza sleale “per agganciamento” – Nuova Sentenza del Tribunale di Milano
Concorrenza sleale per agganciamento – Il Tribunale di Milano si è recentemente pronunciato, con la Sentenza n. 2471/2016, depositata il 25 febbraio 2016, su una fattispecie di concorrenza sleale c.d. “per agganciamento”. Il caso sottoposto all’esame del Tribunale riguardava l’impiego, da parte di un’impresa di produzione di abbigliamento, del patronimico di un notissimo stilista (seppure parzialmente differenziato mediante numeri e sigle) e di una notissima casa di moda nell’ambito della propria Ditta e su alcuni dei propri prodotti.
L’impresa agiva essa stessa avanti il Tribunale di Milano per sentire dichiarare la liceità del proprio contegno, e la conseguente legittimità dell’impiego del patronimico nelle modalità suindicate.
Le valutazioni del Tribunale
Per il Tribunale, nel caso di specie, il patronimico “per la rilevanza assunta nel contesto complessivo, va a costituire il nucleo ideologico in cui si riassume l’attitudine individualizzante (c.d. “cuore”), dotato di autonoma ed esclusiva potenzialità evocativa nella memoria del consumatore“. Per tale ragione, allora, “ai sensi dell’art. 20 del Codice della Proprietà Industriale l’uso del segno come marchio da parte degli attori consentirebbe loro di trarre indebitamente vantaggio dalla rinomanza dei segni della convenuta, e contemporaneamente ne pregiudicherebbe la forza distintiva“. Pertanto, conclude il Tribunale, “la pretesa di accertamento della liceità della condotta documentata appare destituita di fondamento – a fronte della sua evidente natura parassitaria della notorietà dei segni – dovendo al contrario la stessa valutarsi alla stregua di contraffazione dei marchi della resistente, e come tale fonte di legittime reazioni, quali la richiesta di sequestro doganale“.
Le conclusioni del Tribunale
Alla luce di quanto sopra, pertanto, il Tribunale di Milano:
-rigettava tutte le richieste degli attori;
–inibiva agli attori ogni uso dei segni distintivi contenenti il patronimico per distinguere i propri prodotti e la propria attività, comprensivi dell’uso come ditta, insegna e nome a dominio, salvo che nelle relazioni commerciali con soggetti diversi dai consumatori finali, nel timbro e nella modulistica e laddove sia rigorosamente imposta dalla legge nei rapporti con l’autorità amministrativa e non altrimenti surrogabile;
-condannava gli attori al rimborso delle spese di lite, quantificate in Euro 20.000,00 oltre accessori di Legge.
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