Come risarcire il danno da contraffazione

Come risarcire il danno da contraffazione e concorrenza sleale – Si rimborsano gli Utili e non i ricavi – Modelli di utilità confondibili – Inibitoria e descrizione

di Eliana Arezzo e Giovanni Adamo

Si pronuncia il Tribunale di Bari, Sezione Imprese, con una pronuncia del 18 novembre 2020, in materia di contraffazione e concorrenza sleale, nella quale i Giudici analizzano il problema di come risarcire il danno da contraffazione e concorrenza sleale.

La vicenda

La vicenda traeva origine dal ricorso cautelare per descrizione, sequestro ed inibitoria, promossa da una società operante nel mercato della produzione e vendita di beni contro un’impresa concorrente che aveva “imitato” un modello di prodotto registrato presso l’UAMI.

All’esito di tale procedimento, nel corso del quale veniva riconosciuta la sostanziale confondibilità tra modelli di utilità e concessi i rimedi cautelari, era proposto giudizio di merito per chiedere l’accertamento della contraffazione, disporre la distruzione di tutti i modelli contraffatti, inibire la prosecuzione dell’illecito e condannare la società convenuta al risarcimento dei danni.

Qualificazione e quantificazione del danno

Accertata la contraffazione posta in essere dalla società convenuta, il Tribunale in composizione collegiale si pronunciava sulle domande di risarcimento del danno.

In particolare, non trovava accoglimento la domanda attorea di ristoro del danno emergente costituito dai costi subiti per le indagini, per neutralizzare illecito e per ottenerne prove, poiché gli stessi non risultavano documentati.

Al contrario, veniva invece accolta la domanda di risarcimento del lucro cessante, subito dalla società attrice in termini di sviamento di clientela.

COME RISARCIRE IL DANNO DA CONTRAFFAZIONE? SI RESTITUISCONO I MANCATI UTILI E NON I RICAVI

In relazione alla quantificazione di quest’ultimo il Tribunale rispondeva al quesito di come risarcire il danno da contraffazione, individuava il criterio negli utili “che ha maturato la società convenuta con la vendita dei 24 beni indicati nelle predette 10 fatture(e non ai ricavi)”.

Pronunciandosi sulla pretesa risarcitoria del danno non patrimoniale, poi, il Tribunale la riteneva infondata “non essendo stato offerto alcun elemento di prova relativo all’allegato danno di immagine che la società attrice avrebbe subito dalla commercializzazione del divano modello contraffatto”.

In conclusione, il Tribunale rigettava anche la richiesta di pubblicazione per estratto della sentenza, poiché la società attrice aveva usufruito di tale rimedio già con l’ordinanza cautelare nell’imminenza dell’accertata contraffazione.

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