Scissione societaria e sequestro conservativo

Scissione societaria e sequestro conservativo – Scissione societaria ed inibitoria cautelare – La scissione ed i diritti dei creditori – Trib. delle Imprese di Venezia, 14 novembre 2022

Joele Agosta – Giovanni Adamo

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Scissione societaria e sequestro conservativo

Ai sensi dell’art. 2506 c.c. con la scissione una società assegna l’intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio, in tal caso anche ad una sola società, e le relative azioni o quote ai suoi soci.

Nel primo caso ci troviamo davanti ad una scissione propria o totalitaria mentre nel secondo caso si parla di scissione parziale.

Proprio perché si attua un trasferimento dal patrimonio della società scissa alle società beneficiarie, un’interpretazione tradizionale dell’istituto tende a configurare lo stesso come una successione tra persone giuridiche analoga a quella che si verifica mortis causa tra persone fisiche (cfr. Cass. Civ. Sez. Lavoro, Sent. n. 6143/2001).

Il sequestro conservativo, secondo la norma prevista dell’art. 671 c.p.c., si presenta come un mezzo preventivo volto in favore del creditore che, avendo fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, chiede al giudice di provvedere affinché impedisca alla persona del debitore di porre in essere atti dispositivi del proprio patrimonio che possano pregiudicare tale garanzia.

Questo strumento è, quindi, funzionale a rendere immodificabile la garanzia posta sul bene del debitore per l’intera durata del processo, al termine del quale, se il Giudice pronuncia sentenza di condanna, lo stesso si convertirà in pignoramento.

La scissione ed i diritti dei creditori

Al fine di tutelare gli interessi dei creditori il legislatore ha previsto due strumenti di tutela, attuabili in due momenti diversi del procedimento di scissione.

Il primo è volto alla tutela dei creditori di una società non ancora scissa e concerne il diritto di opposizione di cui all’art. 2503 c.c., a cui rinvia l’art. 2506-ter, comma 5, c.c.. Il codice, invero, prevede che la scissione può essere attuata solo dopo sessanta giorni dall’ultima delle iscrizioni nel Registro delle Imprese delle delibere assembleari per l’approvazione del progetto di scissione. I creditori, pertanto, possono, nel suddetto termine di sessanta giorni, fare opposizione. La scissione può essere quindi attuata solamente una volta che il termine di cui sopra è decorso, senza che siano state presentate opposizioni da parte dei creditori.

La scissione ed i diritti dei creditori: come tutelarli?

Il secondo fa riferimento, invece, all’art. 2506-quater, comma 3, c.c., il quale stabilisce che ciascuna società è solidamente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico. Questo è uno strumento volto a garantire il soddisfacimento dei creditori successivamente alla suddivisione patrimoniale dovuta dalla scissione.

Scissione societaria e sequestro conservativo: la vicenda

Società X e Tizio ricorrevano al Tribunale delle Imprese di Venezia richiedendo la corresponsione di un’ingente somma di denaro a titolo di penale in forza della previsione all’interno del contratto di licenza stipulato con la Società Y, resistente nel giudizio in oggetto.

I ricorrenti lamentavano, inoltre, che la Società Y attraverso una sua scissione parziale abbia reso difficoltoso il soddisfacimento del loro credito vantato nei confronti della stessa. Inoltre, a tutela degli effetti della pronuncia di inefficacia dell’atto di scissione, richiesta nel merito, chiedevano che venissero sottoposti a sequestro conservativo i beni delle due società beneficiare della scissione, con conseguente nomina di un custode, o in via subordinata inibitoria ex art. 700 c.p.c. a porre in essere atti dispositivi del loro patrimonio.

Le convenute, Società Y (scissa), Società W e Z (beneficiarie) contestavano, però: a) la nullità del contratto per indeterminatezza e indeterminabilità del contratto; b) la presunta pericolosità della scissione, evidenziando, oltretutto, l’assenza di opposizioni da parte dei creditori; c) l’inibitoria ex art. 700 c.p.c., considerato che l’ordinamento prevede strumenti appositi, come il sequestro conservativo, al fine di tutelare la garanzia patrimoniale di ciascun creditore.

Scissione societaria ed inibitoria cautelare – Le valutazioni del Tribunale

Riguardo al primo punto, il Tribunale evidenziava la genericità del contratto di licenza in forza di una mancata condivisione del piano industriale, a cui il contratto fa cenno, nonché una mancata individuazione delle privative delle quali è data la licenza. Inoltre, il contratto in questione individuava l’ammontare in valore degli interventi cui si impegnava il licenziatario ma non l’arco temporale entro il quale dovevano essere effettuati.

Quanto alla richiesta di dichiarazione di nullità della scissione il Tribunale veneziano rileva come “la scissione non costituisce cessione a terzi in senso pieno, e in particolare, vigendo la regola per la quale i soggetti scaturiti dalla scissione rispondono solidalmente, nei limiti del patrimonio ricevuto, dei debiti della scissa non soddisfatti alla data della scissione (2506quater c.p.c.), non può dirsi che la scissione da sola comporti automaticamente pregiudizio alle ragioni del creditore, che vede anzi moltiplicarsi il numero dei debitori. Se così fosse, poiché non esistono società senza debiti, ogni scissione sarebbe per ciò solo lesiva e revocabile”.

Scissione societaria ed inibitoria cautelare: l’inibitoria travalica il limite di tutela

Da ultimo, il Giudice rigettava anche l’istanza di inibitoria ex art. 700 c.p.c., in quanto “strumento che appare tale da travalicare il limite di tutela, da individuarsi come il massimo, dato dal valore del credito. Quest’ultimo è appunto la base entro la quale può essere concesso il sequestro, strumento di tutela del credito fondato su presupposti alquanto generali”.

Conclusioni

Il Tribunale, pertanto, rilevava l’insussistenza del fumus boni iuris data l’invalidità del contratto nonché del periculum in mora stante l’assenza di qualsivoglia elemento di pericolosità nella scissione effettuata dalla Società Y.

Alla luce delle ragioni sopra esposte, il Giudice rigettava il ricorso.

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