Diritto antitrust UE: il caso TicketOne

Diritto antitrust UE – Diritto Antitrust comunitario – Normativa antitrust UE e mercato unico – Posizione dominante e mercato rilevante

di Gaetano Travia e Giovanni Adamo

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Il diritto antitrust UE – una breve premessa

Il presente articolo si prefigge il compito di descrivere in via sintetica l’impianto normativo comunitario in materia di concorrenza (e di censire il rapporto tra normativa antitrust UE e mercato unico) analizzando il diritto antitrust comunitario, prendendo le mosse dalla celebre vicenda che in questi giorni ha visto protagonista la società TicketOne (la quale ha già annunciato di volere impugnare i provvedimenti emessi a suo carico)

Nello specifico, si cercherà di cogliere il fondamento teleologico alla base della normativa antitrust UE tentando di delinearne l’ambito di operatività e di individuarne i presupposti applicativi.

Il fatto, letto alla luce del Diritto Antitrust UE, e i precedenti tra TicketOne e AGCM

Il gruppo CTS Eventim – TicketOne è stato recentemente destinatario di un importante provvedimento sanzionatorio emesso dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Alla base della decisione dell’AGCM vi sarebbe l’accertamento di un abuso di posizione dominante da parte della società di ticketing, concretizzatosi nell’attuazione una strategia volta ad escludere i competitors del settore dal libero esercizio della propria attività di rivendita di biglietti per eventi di musica leggera.

Secondo i rilievi emersi a seguito dell’attività istruttoria portata avanti dal Garante, TicketOne avrebbe stipulato contratti di esclusiva con produttori ed organizzatori di eventi live di musica leggera nonché accordi commerciali con gli operatori di ticketing di dimensione minore. Avrebbe inoltre acquisito i promoter nazionali Di and Gi, Friends & Partners, Vertigo e Vivo Concerti, imposto l’esclusiva sui promoter locali e tentato di escludere dal mercato rilevante (in modo contrastante con il diritto antitrust UE) nuovi operatori del settore, quali la neonata Ticketmaster riconducibile al gruppo ZED.

Tutte attività che, secondo quanto ritenuto dalla stessa AGCM:

costituiscono un’unica e complessa strategia escludente nel mercato della vendita di biglietti per eventi live di musica leggera che integra una fattispecie di abuso di posizione dominante contraria all’articolo 102 del TFUE, in quanto finalizzata ad ostacolare l’esplicarsi di una effettiva concorrenza nel mercato della vendita di biglietti per eventi live di musica leggera

Simili condotte, secondo l’AGCM, sarebbero risultate in contrasto con il diritto antitrust UE, ed avrebbero danneggiato non solo le imprese concorrenti del settore ma, soprattutto, i consumatori, avendo consentito di praticare commissioni di vendita ben superiori al normale nella quasi totale assenza di diversa offerta sul mercato. Il pregiudizio subìto sarebbe altrettanto ravvisabile se si osserva il fenomeno dalla prospettiva del consumatore che si vede compromessa la facoltà di poter scegliere fra diversi operatori.

Le strategie del gruppo, poste all’attenzione del giudizio dell’Autorità, sarebbero state adottate a partire dal 2013 e risulterebbero attualmente ancora in atto.

In precedenza Ticketone era già finita nel mirino dell’Antitrust. Nel 2017 l’Autorità aveva irrogato una multa da un milione di euro alla controllata CTS Eventim intravedendo sue responsabilità nel fenomeno del secondary ticketing, ossia il bagarinaggio online. Un anno più tardi il Tar del Lazio ha poi “assolto” la società accogliendo la richiesta di annullamento della multa ed affermando l’estraneità della società dalla vicenda oggetto di giudizio.

Nel 2018, a seguito di diverse operazioni “strategiche” volte alla crescita del business ed alla conquista del mercato, il gruppo diviene nuovamente bersaglio delle indagini dell’AGCM.

La sanzione comminata alla società rappresenta il culmine del procedimento, ammonta a 10 milioni di euro e trova causa nella asserita violazione dell’art. 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.

Normativa antitrust UE e mercato unico – Rilevanza del diritto antitrust comunitario

La realizzazione di un mercato unico è, sin dai Trattati di Roma del 1957, istitutivi della CEE (Comunità Economica Europea), uno dei principali obiettivi cui è indirizzata l’intera azione politica e legislativa comunitaria.

In merito al rapporto tra normativa antitrust UE e mercato unico, peraltro, una recente nota sintetica dell’Unione, pubblicata quest’anno, rammenta che “l’obiettivo principale delle norme dell’Unione in materia di concorrenza è garantire il corretto funzionamento del mercato interno. Una concorrenza effettiva consente alle imprese di competere in condizioni di parità in tutti gli Stati membri, sottoponendole al tempo stesso a forti pressioni affinché si sforzino costantemente di offrire ai consumatori i migliori prodotti al miglior prezzo possibile, il che, a sua volta, guida l’innovazione e la crescita economica a lungo termine. La politica di concorrenza rappresenta pertanto uno strumento chiave per il conseguimento di un mercato interno libero e dinamico, nonché per lo sviluppo di un benessere economico comune”.

L’UE persegue tale fine, da un lato, eliminando qualsiasi barriera giuridica o burocratica che ostacoli il libero svolgimento delle attività imprenditoriali dei cittadini, dall’altro istituendo norme comuni che garantiscano il corretto svolgimento di una concorrenza leale fra paesi e imprese. Scopo principale delle norme dell’UE in materia di concorrenza è consentire il corretto funzionamento del mercato interno dell’Unione quale fattore chiave per il benessere dei cittadini, delle imprese e della società dell’UE nel suo complesso. A tal proposito, il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea contiene norme volte a prevenire restrizioni e distorsioni della concorrenza nel mercato interno. In particolare, vieta gli accordi anticoncorrenziali tra imprese, gli abusi di posizione dominante ed i tanto dibattuti “aiuti di Stato” che possono pregiudicare il commercio tra Stati membri. Tali divieti, pur dovendosi considerare tassativi possono tuttavia essere oggetto di deroga, seppur in casi eccezionali, dettati ad esempio da gravi perturbazioni economiche, o per motivi di comune interesse europeo. Ne è un esempio recente il quadro di riferimento temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia a seguito della crisi economica dovuta all’epidemia di COVID-19.

La disciplina normativa a livello comunitario in materia di concorrenza si ricava principalmente dalla lettura degli articoli da 101 a 109 del TFUE e del protocollo n. 27 sul mercato interno e sulla concorrenza, dove si precisa che un sistema propizio ad un’equa concorrenza costituisce parte integrante del mercato interno.

È d’uopo sottolineare che l‘impianto normativo del Trattato non si limita alla tutela degli interessi economici dei diretti operatori del mercato ma estende le proprie garanzie sopratutto nei confronti del consumatore finale che per primo gode dei vantaggi che solo un mercato realmente competitivo può comportare.

La disciplina specifica del diritto antitrust UE

Gli artt. 101 e 102 TFUE sono le norme di riferimento della specifica disciplina antitrust.

Leggendo l’art. 101, è agevole apprezzare, ancora na volta, l’inconfondibile pragmaticità del legislatore europeo nel dettare la normativa antitrust UE. La norma in esame, infatti, se da un lato vieta categoricamente le pratiche associative che ledano la concorrenza (paragrafo 1), dall’altro, riconosce il potenziale benefico che taluni accordi restrittivi tra imprese possono apportare all’intero mercato. Le linee direttive sull’applicazione dell’art. 101 promuovono un’interpretazione estensiva della norma, che consenta la valutazione caso per caso dei singoli accordi. La stessa Commissione suggerisce una valutazione che si basi soprattutto sugli effetti piuttosto che sulla mera natura dell’accordo. Qualora gli effetti positivi siano prevalenti rispetto alle eventuali conseguenze negative, l’accordo dovrà ritenersi legittimo.

Un simile schema si ripete specularmente nella normativa interna. La cd. Legge Antitrust (legge 10 ottobre 1990, n. 287), all’art. 2, rubricato “intese restrittive della libera concorrenza”, elenca gli accordi da ritenersi illegittimi. Successivamente, l’art. 4, rubricato “deroghe al divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza” concede all’Autorità la facoltà di autorizzare, “con proprio provvedimento, per un periodo limitato” le intese vietate di cui all’art. 2, qualora queste “diano luogo a miglioramenti nelle condizioni di offerta sul mercato…

La nostra attenzione si soffermerà tuttavia maggiormente sull’art. 102 TFUE in quanto norma del diritto antitrust UE che si pone in posizione centrale rispetto al caso pratico in esame. Citandone il primo comma:

È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo.

Il secondo comma, invece, fornisce un elenco non tassativo delle condotte che possono configurare la suddetta violazione, consistendo queste:

a) nell’imposizione diretta o indiretta dei prezzi d’acquisto, di vendita od altre transazioni non eque;

b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;

c) nell’applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;

d) nel subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi”.

Posizione dominante e mercato rilevante

La norma sancisce lapidariamente il divieto di sfruttamento abusivo di posizione dominante poiché ritenuto pregiudizievole nei confronti del mercato interno e comunitario.

L’oggetto del divieto non va ricercato nella mera constatazione che l’impresa ricopra una cd. “posizione dominante” all’interno del mercato (caratteristica che, al contrario, fa presumere l’adozione di un modello strategico vincente della stessa), bensì nel suo sfruttamento abusivo.

Una posizione dominante non costituisce di per sé una violazione del diritto UE. Parallelamente (in questo ambito) una condotta non può ritenersi illegittima in termini assoluti. In tal senso, uno stesso comportamento integra una violazione se posto in essere da un’impresa in posizione dominante ma non è necessariamente contra legem se realizzato da un’impresa che versa in una posizione non dominante. Si evince che la valutazione non può mai prescindere dalla qualifica soggettiva dell’impresa.

Prima di procedere alla disamina dei singoli comportamenti che possano eventualmente integrare una violazione della normativa comunitaria, è necessario in primis verificare in concreto l’effettiva posizione di predomino economico della società che se ne rende autrice.

Per poter affermare che un’impresa ricopra una posizione dominante è necessario che questa soddisfi alcuni requisiti, ed in particolare occorre verificare il rapporto tra posizione dominante e mercato rilevante.

Basandoci ad esempio sulle indicazioni della Commissione europea, si può escludere che un’impresa occupi una posizione dominante quando ricopra una quota di mercato inferiore al 40%, calcolata sulla base del fatturato realizzato dalla stessa in proporzione al fatturato dell’intero mercato rilevante.

Per una definizione accurata del concetto di “posizione dominante” si rinvia alla sentenza n. 7175 del 4 giugno 2019 del Tar Lazio. In quella sede, il giudice amministrativo ha chiarito che la posizione dominante consiste in un potere economico in grado di ostacolare la persistenza di una concorrenza effettiva all’interno di un determinato mercato.

Una posizione che, come illustrata dalla Corte di Giustizia Europea già nel 1976, in occasione della Causa United Brands (27/76), “consente a chi la detenga, di agire in modo del tutto indipendente dall’andamento del mercato e senza riguardo nei confronti dei concorrenti, dei clienti e dei consumatori”.

Il concetto di posizione dominante non si identifica in un modello macro economico di mercato. Perché un’impresa possa dirsi dominante, per il diritto antitrust comunitario non è necessario che questa si trovi al vertice di un regime di monopolio od oligopolio, rilevando, piuttosto, la capacità di pregiudicare o comunque di influire sulla concorrenza.

Nel caso in esame, i dati relativi al numero, nonché al prezzo dei biglietti venduti, evidenziano che la quota di mercato detenuta da Ticket One risulta superiore al 70% (ove si tenga conto della somma delle singole quote detenute da ciascun operatore acquisito dal gruppo).

In secundis, nei procedimenti che concernono un abuso di posizione dominante, risulta imprescindibile, per le regole di diritto antitrust comunitario, l’individuazione del mercato rilevante, vale a dire della “cornice”all’interno della quale la violazione è avvenuta.

Affinché l’art. 102 TFUE (norma essenziale del diritto antitrust comunitario) trovi concreta applicazione, la sussistenza dei presupposti suindicati, vale a dire la posizione dominante dell’impresa oggetto d’indagine e il mercato rilevante entro cui opera, dev’essere vagliata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. In merito al secondo requisito, nel provvedimento che condanna il gruppo TicketOne, la stessa AGCM afferma che “la definizione del mercato rilevante costituisce un fattore preliminare indispensabile per misurare il potere di mercato presupposto per l’indagine dei comportamenti oggetto di istruttoria. Infatti, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, nelle ipotesi aventi ad oggetto abusi di posizione dominante, l’individuazione del mercato rilevante costituisce un’operazione logica del tutto preliminare in quanto l’ambito del mercato rilevante costituisce ex se uno dei presupposti dell’illecito, valendo a delimitare l’ambito nel quale i comportamenti posti in essere possono restringere o falsare il meccanismo concorrenziale”.

Una valutazione, quella del “mercato rilevante” che, secondo la normativa antitrust UE, deve tener debito conto anche di fattori tutt’altro che marginali come le caratteristiche del prodotto e l’atteggiamento dei consumatori nonché della capacità di questi ultimi di passare ad un prodotto alternativo. Il potere di mercato dell’impresa non dev’essere valutato come espressione a sé stante dell’attività economica svolta, ma tenendo necessariamente conto degli effetti che ne derivano in termini di alterazione di un mercato concorrenziale in cui operano diversi soggetti economici.

Le autorità garanti nel quadro europeo

Dall’1 maggio 2004, nell’ambito delle norme antitrust (articolo 101 e 102 TFUE), le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri hanno assunto funzioni esecutive in materia, prerogative poi ulteriormente rafforzate dalla Direttiva UE 2019/1. (Con particolare riferimento al settore antitrust, nel 2014 è stata adottata una direttiva atta a regolare le azioni per il risarcimento del danno (Direttiva 2014/104/EU), al fine di intensificare l’effetto deterrente degli accordi vietati e di rafforzare la tutela dei consumatori.)

L’autorità antitrust è l’organismo preposto dal diritto antitrust comunitario all’accertamento della condotta dell’impresa che, abusando della propria posizione di forza economica sul mercato rilevante, abbia causato effetti restrittivi della libera concorrenza. L’attività istruttoria dell’AGCM, come anticipato, ha rilevato che “la condotta di TicketOne assume rilievo ai fini del presente procedimento almeno a partire dal 18 giugno 2013, ovvero la data della stipula del contratto con Di and Gi in vigore fino al 2018, prima condotta rientrante nella complessiva strategia abusiva dell’impresa dominante, e risulta tuttora in corso”.

Diritto antitrust comunitario – Normativa antitrust UE – I profili sanzionatori

In merito al profilo sanzionatorio, l’AGCM si è attenuta alle “Linee Guida sulla modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità in applicazione dell’articolo 15, comma 1, della legge n. 287/90”. L’importo base della sanzione è stato dunque calcolato moltiplicando il valore delle vendite per la percentuale individuata in funzione della gravità dell’infrazione pari al 15% e per il coefficiente di durata pari a 7,51911, è pari a 36.228.240 euro. Le stesse linee guida di riferimento, al punto 19, prevedono che tale importo sia soggetto a rimodulazioni in relazione alle circostanze aggravanti ed attenuanti del caso di specie.

L’AGCM ritiene, alla luce della normativa antitrust, che la mera adozione formale da parte dell’azienda di misure preventive volte ad evitare la violazione o l’elusione della normativa antitrust non possa configurarsi come valida attenuante. Al contrario, riconosce che “per costante orientamento giurisprudenziale, lo stato di crisi in cui versa un settore non è sufficiente ad escludere l’applicazione dell’art. 102 TFUE, pur potendosene tener conto in sede di quantificazione della sanzione”. La stessa Autorità afferma che alla luce della citata giurisprudenza, considerate le oggettive difficoltà in cui versa l’economia mondiale e, in essa, le imprese del settore, si ritiene congruo ridurre l’importo della sanzione in misura pari al 70%”.

Ne consegue che l’importo finale della sanzione irrogata, al netto dell’attenuante applicata, risulti pari ad euro 10.868.472.

Prospettive future del caso

TicketOne ha già espressamente manifestato la ferma intenzione di ricorrere al Tar competente. In particolare, adirà il giudice amministrativo al fine di respingere gli addebiti dell’Autorità e denunciare l’infondatezza della ricostruzione sulla base della normativa antitrust.

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