Diffamare il datore di lavoro – Chat Whatsapp di gruppo – Diffamazione e segretezza delle comunicazioni

di Eliana Arezzo e Giovanni Adamo

Cosa succede se il dipendente diffama il datore di lavoro in una chat whatsapp di gruppo ? La Corte d’Appello di Firenze se ne è occupata con una sentenza del 12 febbraio 2021 in materia di diffamazione e segretezza delle comunicazioni.

Dipendente diffama datore di lavoro – La vicenda

Il caso verteva su un’impugnazione proposta da una nota società italiana avverso la sentenza di primo grado avente ad oggetto l’annullamento del licenziamento intimato nei confronti di un dipendente che aveva registrato su una chat Whatsapp, di cui risultavano membri 13 colleghi, alcuni messaggi vocali, riferiti al proprio superiore, dai contenuti offensivi, denigratori, minatori e razzisti.

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Diffamazione e segretezza delle comunicazioni: le chat whatsapp di gruppo

Il Collegio ritenendo l’appello infondato, ha richiamato le considerazioni svolte dal Tribunale in primo grado, con principale riferimento alla ordinanza n. 21965/208 della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione secondo la quale “espressioni rivolte ad una chat privata, seppur dal contenuto gravemente offensivo, sono latamente riconducibili al legittimo esercizio del diritto di critica e comunque rappresentano comunicazioni private, che seppur indirizzate ad un social network, escludono la volontà dei partecipanti di diffondere all’esterno i medesimi contenuti.”

Pertanto, nel caso di specie, la Corte d’Appello non rilevava l’illiceità della condotta tenuta dal dipendente e contestata in sede disciplinare dalla società, dalla quale, conseguentemente, non poteva discendere una giusta causa né un giustificato motivo soggettivo di licenziamento.

La segretezza della corrispondenza tutelata dall’art. 15 della Costituzione va, dunque, intesa come espressione della più ampia libertà di comunicare liberamente con soggetti predeterminati, e quindi come pretesa che soggetti diversi dai destinatari selezionati dal mittente non vengano messi, in modo illegittimo, a conoscenza del contenuto di una comunicazione.

A parere del Collegio, pertanto, un conto è diffamare il datore di lavoro. Altro conto sarebbero i “messaggi che circolano attraverso le nuove forme di comunicazione, devono quindi essere considerati come corrispondenza privata, chiusa ed inviolabile purché (come nel caso in esame) non siano inviati ad una moltitudine indistinta di persone, né siano inviati per essere destinati anche indirettamente ad un insieme indistinto di persone.”

In conclusione la Corte d’Appello di Firenze, respingeva l’appello e confermava la sentenza appellata in quanto “la rilevanza costituzionale del diritto alla segretezza di ogni comunicazione finisce quindi per eliminare in radice ogni valore disciplinare alla condotta tenuta in ambito riservato, escludendo che le affermazioni a contenuto diffamatorio e minaccioso destinate ad esaurirsi in una chat riservata possano giuridicamente essere qualificate come condotte diffamatorie e minacciose”

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