Concorrenza sleale confusoria: cos’è

Concorrenza sleale confusoria: cos’è – Imitazione del prodotto di un concorrente – Imitazione dell’attività di un concorrente – Ordinanza del Tribunale di Ravenna del 24 aprile 2008 – Consulta

Giovanni Adamo 

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Concorrenza sleale confusoria – La vicenda processuale

Il caso era un caso quasi “di scuola” di concorrenza sleale confusoria. L’impresa “A”, originariamente formata da Tizio e da Caio, subisce poi l’allontamento di Caio, il quale forma altra impresa “B” con denominazione assai simile, e comincia a svolgere la medesima attività, tra l’altro imitando in materia assolutamente pedissequa i modelli dell’impresa “A”. Conseguentemente, l’impresa “A” agiva, ai sensi degli artt. 669-bis e ss. e 700 c.p.c., al fine di ottenere l’inibitoria dei comportamenti concorrenzialmente sleali accertati e documentati.

Si costituiva l’impresa “B”, rilevando, in buona sostanza ed in estrema sintesi:

-la necessità di attribuzione della competenza per materia alle Sezioni Specializzate in materia di Proprietà Industriale, in quanto, a dire dell’impresa “B”, la questione avrebbe coinvolto tematiche di assoluta interferenza con la Proprietà Industriale (tra l’altro relative anche alla pretesa “sottrazione di segreti aziendali”);

-il difetto di legittimazione passiva del Sig. XY, in quanto lo stesso sarebbe cessato dalla carica di Amministratore della Soc. B;

-la necessità, comunque, di rigetto delle domande anche nel merito, in quanto le stesse sarebbero risultate infondate, tanto in fatto, quanto in diritto.

Con ordinanza dd. 24 aprile 2008, a scioglimento della riserva precedentemente assunta, il G. Des. osservava, tra l’altro, che:

-“E’ infondata l’eccezione di incompetenza per materia del tribunale ordinario in favore delle sezioni specializzate…: la presente controversia non inerisce alla proprietà industriale così come definita nel D. Lgs. 30/2005, non avendo neppure indirettamente a che fare con le privative industriali ed altre proprietà industriali ricomprese nella definizione del citato articolo 1. Neppure è dato ritenere, per i motivi che si spiegheranno in prosieguo, che la controversia abbia a che vedere con “informazioni aziendali riservate” di cui agli artt. 98 e 99 D. Lgs. 30/2005”….;

-“… ricorre l’ipotesi di cui all’art. 2598, n. 1, c.c…. in quanto è sufficiente confrontare i biglietti da visita già forniti da “A” alla propria clientela, ed i fac simile di biglietti da visita proposti da “B” ai potenziali clienti: trattasi all’evidenza dello stesso materiale grafico (stesso disegno, stesso carattere di stampa, stesso retro, ecc.) con alcune modifiche del tutto marginali; anche l’offerta di realizzazioni grafiche da parte di “B”, inoltre, è del tutto identica; dunque, pur non ricorrendo a rigore un prodotto con caratteristiche individualizzanti, è stata posta in essere attività di concorrenza sleale confusoria, in quanto idonea a creare confusione con l’attività del concorrente”;

-“… Tali condotte integrano altresì concorrenza sleale ai sensi del n. 3 del medesimo art. 2598 c.c., consistendo in ‘mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda’. D’altronde lo sfruttamento della creatività altrui è certamente in contrasto con i principi della correttezza professionale. Si aggiunga che a sostegno del fumus della domanda di concorrenza sleale non può trascurarsi che la Soc. “B” è stata costituita dal Sig. “XY” (già socio di “A”, e poi socio quasi totalitario ed amministratore di “B”) pochi mesi dopo la cessione dell’azienda “C” alla ricorrente, sicchè ben si comprende come possa essere avvenuto l’impossessamento da parte di “B” di studi e realizzazioni grafiche di “A”…”;

-“… ricorre il periculum dell’invocata cautela… cioè il pregiudizio imminente ed irreparabile cui sarebbe esposta parte ricorrente nelle more del giudizio di merito, atteso che la prosecuzione dell’attività illecita è idonea ad arrecare un danno perdurante nel tempo, foriero di conseguenze non solo patrimoniali e comunque di difficile quantificazione in termini economici…”;

-“Ritenuto che non può accedersi alla richiesta pubblicazione dell’emanando provvedimento, perché misura di carattere sanzionatorio non applicabile nella presente fase di natura cautelare in difetto di espressa previsione di Legge (come invece previsto in materia di proprietà industriale ex art. 126 D. Lgs. cit.)..”;

P.Q.M.

Visti gli artt. 669-bis e ss. c.p.c., 2043 e 2598 c.c.,

-INIBISCE a “B S.r.l.” ed a XY l’utilizzazione in qualsivoglia forma delle realizzazioni e studi grafici già di “A S.r.l.”;

-CONDANNA “B S.r.l.” e XY, in solido tra loro, al rimborso in favore di “A S.r.l.” delle spese del procedimento, che liquida in complessivi € 1.870,00, di cui 170,00 per spese, € 700,00 per competenze, ed € 1.000,00 per onorario, oltre accessori di Legge

La concorrenza sleale confusoria – Imitazione del prodotto di un concorrente – Imitazione dell’attività di un concorrente

Il Tribunale ha dunque valutato sussistente, nel caso di specie, la concorrenza sleale confusoria, e ciò sotto il duplice profilo della imitazione del prodotto di un concorrente e della imitazione dell’attività di un concorrente.

Erano identici sia i prodotti che il modo di presentarsi sul mercato

Ha infatti riscontrato identità sia nei prodotti che nel modo di presentarsi sul mercato.

Il Tribunale ha inoltre ritenuto che non fosse rilevante il fatto che i prodotti fossero in sè privi di efficacia “individualizzante” (cioè che non fossero immediatamente riconoscibili come provenienti dall’impresa A), ritenendo che nel suo complesso tutto il modo di presentarsi sul mercato dell’impresa B fosse idoneo a confondere i consumatori. In tal senso l’imitazione del prodotto di un concorrente, o l’imitazione dell’attività di un concorrente, devono ritenersi sempre e comunque illeciti.

Il periculum in mora

Osservazioni degne di nota vengono poi compiute dal G. Des. in merito al periculum, che il provvedimento considera, nei casi di concorrenza sleale confusoria, del tutto connaturato alla natura illecita del contegno della Soc. resistente, in quanto lo stesso è in grado di generare effetti perduranti nel tempo e difficilmente removibili.

La pubblicazione del provvedimento

Valutazioni a nostro avviso non del tutto condivisibili vengono invece compiute dal G. Des. in relazione alla richiesta di pubblicazione dell’emanando provvedimento, che il G. Des. esclude in quanto, ritenendo la pubblicazione misura sanzionatoria, dovrebbe essere assistita da espressa disposizione di Legge. Circostanza ricorrente nel caso del D. Lgs. in materia di proprietà industriale, ma non nell’art. 700 c.p.c.. E’ opinione comune, in realtà, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, che il provvedimento ex art. 700 c.p.c. costituisca cautela “atipica”, che può assumere il contenuto maggiormente idoneo, caso per caso, alla migliore tutela dei diritti azionati in via d’urgenza, ivi compreso quello del
la pubblicazione dello stesso, ove occorra al fine di “arginare” gli effetti lesivi degli altrui contegni scorretti.

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[1] E dunque non ricorrendo l’estremo della “interferenza” richiesto dal Codice della Proprietà Industriale per l’attribuzione della competenza per materia alle Sezioni Specializzate in materia di Proprietà Industriale.

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