Concorrenza sleale “verticale”: negozio vs online
Concorrenza sleale verticale: negozio vs online
Concorrenza sleale verticale – Concorrenza negozio vs online – Negozio fisico e online: concorrenza – Commento a Cass., 10 gennaio 2025, n. 626
di Adele Marcomini e Giovanni Adamo
Concorrenza sleale “verticale”: concorrenza negozio vs online – La vicenda
La Prima Sezione della Corte di Cassazione ha recentemente pronunciato un’interessante Ordinanza (n. 626 del 10 gennaio 2025) in tema di concorrenza sleale verticale, con particolare riferimento alla coesistenza di canali di vendita fisici e digitali. Il caso ha avuto origine dall’azione promossa da una società sub-licenziataria del marchio ZZZZ per i punti vendita fisici, identificata qui come XXXX, nei confronti di altre tre società, fra cui YYYY (in materia di concorrenza sleale del distributore consulta QUESTO ARTICOLO, sul rapporto di agenzia leggi QUI, ed un ulteriore approfondimento in relazione alla concorrenza sleale nel contratto di franchising è consultabile QUI)
XXXX attribuiva alle convenute di aver posto in essere atti di concorrenza sleale verticale ai sensi dell’articolo 2598 del Codice Civile, contestando l’utilizzo indebito di informazioni commerciali riservate, reperite nell’ambito dell’organizzazione ZZZZ (licenziataria del marchio), per anticipare le iniziative promozionali dei negozi fisici e offrire online i medesimi prodotti a prezzi ribassati.
In primo grado, il Tribunale aveva riconosciuto l’illiceità della condotta, emettendo un provvedimento inibitorio ma rigettando la domanda risarcitoria. La Corte d’Appello di Genova, invece, ha ribaltato la sentenza di primo grado, escludendo ogni responsabilità delle convenute e ritenendo che i canali di vendita fisici e quelli online riguardassero mercati distinti, non in concorrenza fra loro. XXXX ha quindi proposto ricorso per Cassazione, contestando l’interpretazione restrittiva della Corte d’Appello sui presupposti per configurare la concorrenza sleale.
Concorrenza negozio vs online – I temi principali affrontati dalla Cassazione
1. La nozione di comunanza di clientela – Negozio fisico e online: concorrenza
Un aspetto fondamentale dell’ordinanza riguarda la definizione del rapporto di concorrenza tra imprenditori. La Cassazione ha respinto l’idea che le vendite fisiche e quelle online siano rivolte a clientele necessariamente distinte, sottolineando come la comunanza di clientela si fondi sul medesimo bisogno di mercato che i prodotti sono in grado di soddisfare.
Secondo la Suprema Corte, offrire prodotti simili su canali di distribuzione diversi implica comunque un confronto concorrenziale, poiché i consumatori possono scegliere in modo indifferenziato se acquistare in negozio oppure online.
2. La configurazione dell’illecito concorrenziale anche nei casi di concorrenza negozio vs online
La Cassazione ha ribadito che, ai sensi dell’articolo 2598, comma 1, n. 3, del Codice Civile, per integrare l’illecito concorrenziale, anche in caso di concorrenza sleale “verticale”, è sufficiente la potenzialità lesiva della condotta, senza la necessità di dimostrare un effettivo danno patrimoniale. Nel caso specifico, l’utilizzo di informazioni riservate per anticipare le promozioni dei punti vendita fisici è stato ritenuto idoneo a violare i principi di correttezza professionale, indipendentemente dall’evidenza di una riduzione del fatturato di XXXX.
3. Negozio fisico e online: concorrenza – Vendite a prezzi ribassati e abuso di informazioni riservate
La Corte d’Appello aveva concluso che la semplice pratica di vendite a prezzi inferiori non integrasse, di per sé, un atto di concorrenza sleale. La Cassazione ha confermato tale principio in linea generale, precisando però che, nella vicenda in esame, il comportamento illecito risiedeva nell’uso ingiustificato di informazioni riservate. Grazie a tali dati, le società convenute sono riuscite ad anticipare le campagne promozionali della rete fisica, ottenendo un vantaggio competitivo non fondato su una mera strategia di prezzo, ma su una condotta ritenuta scorretta.
4. I principi di diritto affermati dalla Cassazione
La decisione della Suprema Corte ha enunciato i seguenti punti chiave:
- La comunanza di clientela, quale presupposto della concorrenza sleale, non dipende dall’identità soggettiva degli acquirenti, bensì dalla possibilità di soddisfare lo stesso bisogno di mercato attraverso prodotti analoghi, anche se distribuiti su canali differenti.
- L’illecito concorrenziale, ex articolo 2598 del Codice Civile, non richiede la prova di un pregiudizio economico attuale: è sufficiente dimostrarne la potenzialità lesiva o il rischio di un danno futuro.
La Corte ha quindi rinviato il giudizio alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione, invitandola a riesaminare la controversia alla luce di questi principi.
Concorrenza sleale “verticale”: Implicazioni pratiche e rilevanza della decisione
Questa pronuncia della Cassazione in tema di concorrenza sleale verticale assume notevole rilievo per la tutela della concorrenza nel mercato moderno, sempre più caratterizzato dalla compresenza di punti vendita tradizionali e piattaforme online. Efficacia intuibile, in particolare, nell’ambito dei settori della concessione di vendita, del parternariato e del franchising.
La decisione ribadisce l’importanza di adottare un’interpretazione dinamica dei confini tra i diversi canali commerciali, riconoscendo che i consumatori possono rivolgersi a entrambi i mercati e che, di conseguenza, la concorrenza si estende anche oltre i confini “fisici” del commercio.
Inoltre, la Suprema Corte sottolinea la necessità di proteggere le informazioni riservate come parte integrante della competizione leale: l’abuso di tali dati può alterare in modo significativo l’equilibrio competitivo, soprattutto in un contesto in cui la digitalizzazione rende più rapide e pervasive le iniziative promozionali.
Infine, la sentenza chiarisce che non è indispensabile dimostrare un danno economico effettivo per invocare la protezione contro la concorrenza sleale: anche il solo rischio di pregiudizio può giustificare l’attivazione degli strumenti di tutela previsti dal Codice Civile. Di conseguenza, gli operatori economici, specialmente coloro che gestiscono reti di vendita fisiche e online, sono chiamati a prestare particolare attenzione ai principi di correttezza professionale e a salvaguardare adeguatamente le proprie informazioni strategiche.
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