Imitazione servile: concorrenza sleale – La imitazione servile di prodotti – Imitazione servile: la normativa di riferimento – Come fermare l’imitazione servile

Giovanni Adamo

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Cosa si intende per imitazione servile

Cominciamo subito con il dire che l’imitazione servile è sempre concorrenza sleale. L’aggettivo “servile” implica infatti una connotazione estremamente dispregiativa. Non si tratta qui di situazioni nelle quali una determinata attività “prende spunto” da un’altra, o ne impiega un’idea di base per poi svilupparla in modo autonomo.

Si tratta di un’imitazione sostanzialmente integrale, di parti essenziali e non essenziali del prodotto, chiaramente voluta

Con il termine “imitazione servile”, infatti, si vuole fare riferimento ad un’attività produttiva nella quale il prodotto dell’imprenditore (o il servizio, o il marchio, o l’insegna, o qualunque altro segno distintivo, o l’attività nel suo complesso) è oggetto di un’attività di riproduzione integrale, non solo del “nucleo”, ad es., del prodotto, ma anche di sue parti non essenziali, evidentemente “voluta” dall’imprenditore concorrente, e per ciò costituente concorrenza sleale.

La normativa di riferimento sull’imitazione servile di prodotti

La normativa di riferimento sull’imitazione servile di prodotti è costituita dall’art. 2598, n. 1, del Codice Civile. Per la norma ora citata, in particolare, “Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di  brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente“.

La norma, pertanto, in primo luogo non pregiudica la tutela del marchio e del brevetto che sia prevista da altre discipline (come per esempio il Codice della Proprietà Industriale).

In secondo luogo sanziona come atti di concorrenza sleale i seguenti comportamenti:

  • l’uso di nomi o di segni distintivi (marchio, insegna, ditta) idonei a produrre confusione con segni distintivi che siano “legittimamente usati” da altri. E’ da ritenersi compreso nell’oggetto di tutela, pertanto, anche il marchio non registrato, o marchio di fatto;
  • l’imitazione servile dei prodotti di un concorrente;
  • il compimento di qualsiasi altro atto idoneo a generare confusione con i prodotti o con l’attività di un concorrente.

Si noti che mentre per le prime due ipotesi la Legge dà per scontato che esista un pericolo di confusione, nella terza ipotesi chi agisce deve dimostrare anche che l’atto contestato sia idoneo a generare confusione tra le due imprese, tra i due prodotti o tra le due attività.

Come fermare l’imitazione del prodotto da parte di un concorrente

La Legge offre degli strumenti per fermare l’imitazione del prodotto da parte di un concorrente in via d’urgenza e nell’arco di poche settimane. E’ possibile, infatti, ai sensi dell’art. 700 del Codice di Procedura Civile, avviare un giudizio cautelare nell’ambito del quale richiedere al Giudice civile l’emissione di un’Ordine urgente di cessazione degli atti di concorrenza sleale. 

Ci occupiamo da molti anni di imitazione del prodotto e concorrenza sleale, ed assistiamo regolarmente imprese vittime di imitazione servile o coinvolte in procedimenti aventi ad oggetto l’imitazione di prodotti o di attività. Di seguito alcuni dei nostri casi più recenti:

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